Assolto l’ex generale del Ros Mario Mori “Non favorì la latitanza del boss Provenzano”

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La Procura di Palermo aveva chiesto una condanna esemplare per il generale Mario Mori, ex ufficiale simbolo del Ros ed ex direttore del Sisde: 9 anni di carcere, “per aver favorito la latitanza di Bernardo Provenzano”. Ma la Quarta sezione del tribunale non ha accolto la richiesta e ha assolto Mori: “Perché il fatto non costituisce reato”. Questa la formula letta dal presidente del collegio, Mario Fontana. L’assoluzione è arrivata anche per un altro ex ufficiale del Ros, il colonnello Mauro Obinu, pure lui imputato per favoreggiamento aggravato. Con il dispositivo della sentenza, il tribunale ha disposto pure la trasmissione in Procura delle deposizioni di Massimo Ciancimino e Michele Riccio, “per quanto di competenza”, ovvero per la valutazione di eventuali reati. I giudici ritengono dunque che i principali testi dell’accusa non abbiano detto la verità. Mori e Obinu erano accusati da un collega, il colonnello Michele Riccio, di aver impedito un blitz determinante per la cattura di Provenzano. Era il 30 ottobre 1995. Riccio aveva ricevuto una notizia molto precisa da un confidente d’eccezione, il capofamiglia di Caltanissetta Luigi Ilardo: “Sono stato invitato a una riunione con lo zio Binnu – spiegò – si terrà in un casolare nelle campagne di Mezzojuso, provincia di Palermo”.

Riccio aveva chiesto ai vertici del Ros l’organizzazione di un blitz, che però non scattò mai. E alcuni mesi dopo, il padrino-confidente fu ucciso a Catania, proprio quando stava per  iniziare a collaborare ufficialmente con la giustizia. Mori e Obinu, difesi dagli avvocati Basilio Milio ed Enzo Musco, hanno sempre respinto le accuse, bollando la denuncia di Riccio come “non attendibile”  perché  “arrivata con molti anni di ritardo”. In cinque anni di processo, i colpi di scena sono stati tanti. Il pubblico ministero Nino Di Matteo, che in aula è stato affiancato dall’ex procuratore aggiunto Antonio Ingroia, ha portato in dibattimento il testimone dell’inchiesta “trattativa Stato-mafia”, Massimo Ciancimino. E per i due ufficiali è arrivata anche un’aggravante del capo d’imputazione, che ha trasformato il favoreggiamento a Provenzano nel prezzo della trattativa avviata tre anni prima. Questo ha sostenuto la Procura, che accusava Mori e Obinu di avere agito “non perché collusi o corrotti o ricattati dalla mafia”, ma perché ispirati da una “scelta di politica criminale sciagurata – così è stato detto nella requisitoria – per fare prevalere le esigenze di mediazione, favorendo l’ala ritenuta più moderata di Cosa nostra, quella di Bernardo Provenzano”.Adesso, dopo il verdetto di assoluzione emesso dal tribunale, bisognerà attendere 90 giorni per leggere le motivazioni della sentenza. La Procura annuncia già appello: “Rispetto la sentenza, ma non condivido il dispositivo in alcun punto”, dice il pm Di Matteo.
 
E’ soddisfatto, invece, l’avvocato Milio: “Eravamo convinti di essere nel giusto – dice – con questa sentenza di assoluzione i giudici hanno dimostrato di essere autonomi. Questa sentenza è un punto fermo – prosegue il legale – perché mette fine a 5 anni di pressioni, calunnie e accuse infondate. Adesso attendiamo di leggere le motivazioni per capire che tipo di refluenze questa sentenza potrà avere, se potrà inficiare anche il processo sulla trattativa Stato-mafia. Noi speriamo di sì”.C’è tensione nell’aula del tribunale quando il presidente termina di leggere la sentenza. Un esponente del movimento Agende rosse protesta. Urla: “vergogna, vergogna”.


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