L’ex agente Sabrina parla di Abu Omar «Il sì della Rice e i rifiuti di Pollari»

by Sergio Segio | 28 Luglio 2013 9:46

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In una lunga intervista alla catena «McClatchy», la De Sousa, 57 anni, ha precisato i seguenti punti: 1) Jeff Castelli, capo stazione Cia a Roma e cervello dell’operazione, avrebbe ingannato i suoi superiori esagerando l’importanza di Abu Omar e sostenendo che c’era l’approvazione da parte italiana. 2) L’allora direttore della Cia, George Tenet, approvò l’azione anche se c’erano dubbi. 3) Condoleeza Rice, all’epoca consigliere per la sicurezza nazionale di George Bush, temeva conseguenze nel caso che gli agenti fossero stati scoperti ma alla fine caldeggiò il rapimento fino ai massimi livelli. 4) Il responsabile della Cia a Milano, Bob Lady, di recente fermato e poi liberato a Panama, aveva espresso il proprio dissenso, ritenendo che portare via Abu Omar fosse una cosa insensata.
Sabrina De Sousa, che per la prima volta ha ammesso di far parte della Cia, ha aggiunto di aver fatto da tramite tra il gruppo che doveva bloccare l’imam egiziano e il Sismi. Il nostro servizio militare — sempre secondo la sua versione — ha partecipato alla fase di preparazione ma si è poi tirato indietro. Almeno a livello ufficiale. Altre fonti statunitensi molto vicine al caso e non citate nell’intervista hanno confermato che vi sarebbe stato il coinvolgimento di qualche funzionario.
Nel racconto affidato a «McClatchy», Jeff Castelli avrebbe cercato di strappare il sì del direttore del Sismi Pollari ottenendo una serie di rifiuti. Da Washington, allora, chiesero altre garanzie: senza una collaborazione del governo italiano l’operazione non si poteva fare. A quelle obiezioni Castelli — secondo la De Sousa — ribatté: «Bene, ho parlato con Pollari e ha detto che non metterà nulla per iscritto. Però ha fatto l’occhiolino e poi ha annuito due volte… Sapete, con quell’occhiolino è come se avesse dato un tacito consenso».
Nella sua ricostruzione la donna-agente si sofferma sulla figura di Abu Omar e, pur ritenendo che fosse un militante, non rappresentava una minaccia immediata o tale da giustificare il suo sequestro. Tanto più che la polizia italiana lo teneva d’occhio in modo costante. Nei rapporti trasmessi da Jeff Castelli si parlava di un possibile attentato contro un obiettivo americano a Milano, però questo avveniva nel 2002 mentre l’imam fu portato via un anno dopo.
Per Sabrina De Sousa, oggi al centro di uno scontro legale con l’agenzia di intelligence e il Dipartimento di Stato, accusati di non averla tutelata, Usa e Italia hanno scaricato tutte le responsabilità su «un gruppo di persone» salvando invece chi aveva dato il via libera.

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