Il mistero del prete italiano in Siria «Il rapimento non è confermato»

by Sergio Segio | 31 Luglio 2013 6:46

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Resta incerto il destino di Padre Paolo Dall’Oglio,«scomparso» in Siria l’altro ieri mentre si trovava in una zona in mano a gruppi anti-regime. Due le ipotesi: alcuni temono che il gesuita sia stato rapito da estremisti islamici, altri ritengono che stia negoziando proprio con loro per ottenere il rilascio di altri ostaggi.

Dall’Oglio aveva lanciato un appello al Papa, una settimana fa, attraverso la piattaforma Change.org, per chiedergli di farsi promotore di «un’iniziativa diplomatica» che coinvolga tutte le realtà che si stanno combattendo in Siria. Ma il sacerdote di 59 anni che ne ha trascorsi 30 in Siria e, a causa del suo appoggio alla ribellione contro il regime, è stato costretto a lasciare il Paese nel giugno 2012, non è uno che sta ad aspettare. Sabato scorso è rientrato in Siria (non era la prima volta), per recarsi nella cittadina di Raqqa, nel nord del Paese: lo aveva annunciato lui stesso «con gioia» in un messaggio su Facebook, in cui spiegava di avere una «missione» da svolgere. «La rivoluzione — aggiungeva — non è un auspicio, ma un impegno». Poi si sono perse le sue tracce. Lunedì 29 luglio, in serata, l’agenzia di stampa Reuters ha diffuso la notizia del suo rapimento per mano di un gruppo di miliziani legati ad al-Qaeda chiamato «Stato Islamico dell’Iraq e del Levante». La notizia però non è stata confermata né smentita fino a ieri sera dal Vaticano e dalla Farnesina.

Diverse fonti e siti siriani sostengono che la missione di Padre Dall’Oglio consisteva nel negoziare per la liberazione di alcuni ostaggi in mano a gruppi estremisti. Non sarebbe la prima volta: in passato il gesuita aveva già ottenuto la liberazione di prigionieri, mediando ad esempio tra cristiani e gruppi islamici. Secondo l’Osservatorio siriano dei diritti umani, che ha sede a Londra ma ha contatti all’interno del Paese, il gesuita starebbe ora tentando anche di limitare gli scontri tra curdi e gruppi islamici, che stanno diventando una guerra nella guerra.

E’ proprio questo peraltro il messaggio che emerge in un video diffuso su YouTube dall’Unione degli studenti di Raqqa, datato 28 luglio (il giorno prima della «scomparsa»): Dall’Oglio parla davanti ad una chiesa armena, applaudito da una folla di giovani, e spiega che Raqqa, città che ospita curdi e arabi, musulmani e cristiani dovrebbe essere il simbolo della «Siria di tutti i siriani».

«Abuna Pauls» (nostro padre Paolo, in arabo) — raccontano attivisti laici al Corriere ,«non ci aveva rivelato i particolari della missione ma sappiamo che era andato a discutere con l’opposizione islamista, con la quale non abbiamo rapporti diretti». Gli attivisti aggiungono che Padre Dall’Oglio avrebbe chiesto loro di dare l’allarme solo «dopo tre giorni di totale assenza di sue notizie dirette». Ma l’allarme è scattato dopo il primo giorno, e non è chiaro chi l’abbia lanciato. Su Twitter un attivista che si identifica come «Jad Bantha, ricercatore dei diritti umani ed esperto di social media in Siria» affermava ieri che Padre Dall’Oglio «sta bene», «chiarirà tutto lui stesso su Facebook domani» (oggi per chi legge). Invece, il quotidiano ufficiale di Damasco Al-Thawra (La Rivoluzione) nel dare notizia del rapimento avverte: «Gli occidentali hanno alimentato il terrorismo in Siria, con finanziamenti e addestramenti oltre al supporto mediatico, ma adesso sono loro i primi a scottarsi. A partire dalla vicenda del prete gesuita sostenitore dei jihadisti che è stato rapito proprio mentre manifestava a loro fianco… Noi gli auguriamo la salvezza, ma che sia lezione per coloro che guazzano nel torbido». Di un altro italiano, il giornalista Domenico Quirico, scomparso in Siria ad aprile, non si hanno tuttora notizie.

Viviana Mazza

(Ha collaborato Farid Adly)

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