Caso Ablyazov Il Pdl fa quadrato intorno ad Alfano

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ROMA — Arriverà entro oggi il dossier del capo della Polizia Alessandro Pansa con la ricostruzione dei fatti che hanno portato al rimpatrio della moglie e della figlia del dissidente kazako Ablyazov e al susseguente grave caso politico esploso negli ultimi giorni. Lo annuncia Emma Bonino, l’altro ministro, assieme ad Angelino Alfano, a essere coinvolto in una delicatissima vicenda diplomatica che sta mettendo in grossa difficoltà il governo, ma che — ufficialmente — vede la maggioranza far quadrato attorno all’esecutivo e ai titolari di Interno e Farnesina confidando che «si farà chiarezza» e avvertendo, da parte del Pdl, che una sfiducia ad Alfano significherebbe automaticamente «la caduta del governo».

Sì perché il rischio sulla carta c’è: ieri Sel e M5S hanno presentato una mozione di sfiducia individuale (e hanno intenzione di chiedere il voto segreto, ma è il regolamento parlamentare che lo esclude prevedendo che si utilizzi «la stessa procedura» del voto di fiducia al governo, con chiamata nominale) contro Alfano che si presenterà in Aula per riferire i fatti giovedì e che per ora mantiene il totale riserbo. E la sua difesa, è presumibile, seguirà il canovaccio del dossier del capo della Polizia, che sarà il documento attorno al quale il governo si attesterà chiedendo la fiducia che da parte di Enrico Letta non è mai venuta meno in queste ore nei confronti del suo vice.

Chiaro che, come ha annunciato anche il premier Letta, qualcuno «pagherà», dovrà pagare. Tremano negli alti uffici del Viminale e della Polizia. Ma è ben difficile che Alfano venga toccato da accuse dirette o sospetti. «Diciamo la verità — racconta un big del Pdl — quando gli comunicarono che lo cercava l’ambasciatore kazako, lui era assieme ad alcuni di noi, impelagato in una di quelle feroci lotte falchi-colombe che lo fanno dannare, e ha bruscamente invitato i suoi a far ricevere l’ospite da qualcun altro… Aveva ben altre grane per la testa, non sapeva neanche cosa volesse quell’uomo…». Problema che peraltro molti suoi avversari di partito stanno sollevando in privato, rispolverando l’annoso problema delle ultime settimane: «O Alfano fa il ministro e il vice premier o fa il segretario… Questa vicenda deve finire».

E però, in pubblico, nessuno accusa direttamente Alfano — nemmeno nel Pd dove pure il segretario Epifani avverte che «non saranno tollerabili zone d’ombra, andranno fatte le cose per bene» — mentre dallo stesso Berlusconi è arrivato l’ordine di difenderlo e tutto il Pdl fa quadrato: «Qui c’è chi complotta per far cadere il governo», protesta Cicchitto. Quel Berlusconi che ieri ha smentito seccamente un articolo dell’Unione Sarda dove si sosteneva che il presidente kazako Nazarbaev, con il quale intrattiene ottimi rapporti, il 6 luglio in vacanza in Sardegna a San Teodoro lo avrebbe incontrato nella villa di un uomo d’affari e comune amico suo e del Cavaliere: «Non c’è stato nessun incontro, il presidente Berlusconi era ad Arcore e non ha mai incontrato Nazarbaev durante il suo soggiorno in Italia».

Insomma, la blindatura politica sembra reggere perché nessuno sembra avere intenzione o forza di premere sull’acceleratore in un momento tanto delicato e su un tema così spinoso dai risvolti internazionali e diplomatici evidenti. Ma certo le scorie sul terreno restano, e le micce accese sono tante. Nel mirino è finita anche Emma Bonino, che continua a spiegare come la Farnesina non abbia potuto avere un ruolo nella vicenda perché «non ha alcuna competenza sulle espulsioni ed estradizioni» e neppure «l’accesso ai dati relativi a cittadini stranieri ai quali sia stato concesso lo status di rifugiato politico». E lo stesso ministro degli Esteri si dice «umanamente molto amareggiata» per quanto successo.

Se basterà per chiudere un caso che imbarazza tutti e che potrebbe davvero avere conseguenze impreviste e gravi, lo si vedrà nelle prossime ore, e grande peso avrà la ricostruzione del capo della Polizia. La cui carica, nei giorni dell’estradizione della moglie e della bimba di Ablyazov, era vacante, visto che si stava combattendo una feroce guerra nella maggioranza per la nomina al vertice.

Paola Di Caro


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