Egitto, inchiesta su Morsi: “Sovversione”

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IL CAIRO — Non sarà liberato per il momento l’ex presidente Mohammed Morsi, rovesciato la scorsa settimana dai militari incalzati da milioni di egiziani scesi in piazza contro il potere islamista. Venerdì al Cairo in decine di migliaia di sostenitori della Fratellanza musulmana si sono ritrovati davanti alla moschea Rabaa Adawiya a Nasr City per chiedere la sua “liberazione” e anche domani c’è un nuovo appuntamento della Confraternita in tutte le piazze d’Egitto. Ma nonostante la pressione della piazza, e quelle che vengono dall’estero (specie da Stati Uniti e Germania), il primo presidente islamista d’Egitto non tornerà libero, certamente non prima che la Procura generale del Cairo abbia esaminato i gravi capi d’imputazione di cui è accusato: sovversione e incitamento alla violenza. Un mandato di cattura, con le stesse accuse, insegue anche diversi dirigenti della Fratellanza musulmana, mentre altri cinque sono già in cella a Tora, nello stesso carcere che ospita l’altro raìs deposto, Hosni Mubarak.
Le piazze al Cairo — quella islamista a Nasr City, quella dell’opposizione a Ittahadeia e sulla Tahrir — non cessano la mobilitazione, il “nuovo Egitto” del presidente ad interim Adly Mansour, del vice presidente Mohammed El Baradei, del premier Hazem Beblawi e del generale Abdel fattah al Sissi, il nuovo “uomo forte”, anche se lasciano una porta aperta alla Fratellanza musulmana, procedono con la formazione del governo che dovrebbe giurare la settimana entrante per iniziare a mettere mano alla roadmap negoziata
con i militari per elezioni entro sei mesi. Ma soprattutto cercheranno di varare misure per cercare di far uscire l’Egitto dalla più grave crisi economica della sua storia: nelle casse egiziane stanno per arrivare 12 miliardi di dollari — generosi prestiti di Arabia saudita, Kuwait e Emirati — che dovrebbero dare almeno sei mesi di fiato al bilancio dello Stato.
Ma sono le condizioni di sicurezza a tenere in allarme l’Egitto. La violenza non cessa nel Sinai e centinaia di militanti della Fratellanza sono stati arrestati per possesso di armi. Un tentativo “insurrezionale” comincia a sedurre i gruppi fondamenta-listi più estremi, che potrebbero far precipitare l’Egitto in una spirale distruttiva. Tutta la Penisola è teatro di scorrerie di bande islamiche che attaccano check-point, commissariati di polizia, uffici governativi. Ieri ci sarebbero stati cinque morti negli scontri. L’esercito egiziano ha inviato truppe di rinforzo — dopo aver chiesto l’assenso a Israele come prevede il trattato di pace di Camp David — ma i gruppi integralisti si muovono rapidamente a bordo di fuoristrada. Anche ieri nuovi attacchi a Al Arish — la piccola città di pescatori diventata una roccaforte del crimine organizzato arabo e un santuario jihadista — e a Rafah, lungo il confine con la Striscia di Gaza, governata da Hamas, che è la filiazione palestinese della Fratellanza musulmana. Decine di uomini della milizia palestinese attraverso i tunnel del contrabbando sono entrati nel Sinai nei giorni scorsi per partecipare agli attacchi. Il generale Ahmad Wasfy, comandante del secondo corpo d’armata schierato nella penisola, ha annunciato che sono state smantellate numerose cellule criminali e sono stati arrestati numerosi combattenti appartenenti a Hamas.


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