Il Vangelo secondo Francesco

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CITTÀ DEL VATICANO. “Papamàvel”, il Papa amabile. Il titolo, un gioco di parole, spiccava l’altro giorno a caratteri cubitali su uno dei quotidiani più diffusi di Rio de Janeiro. E alla tv, un commentatore locale, ammaliato dalla comunicativa e dalla semplicità di Francesco urlava: «È un uomo umile e simpatico!». Ma Bergoglio, il Papa nuovo, con il suo linguaggio chiaro e deciso, punta a catturare solo i cuori? Oppure con le frasi pronunciate nell’inedita conferenza stampa sul volo di ritorno dal Brasile a proposito di gay, donne, e divorziati risposati, sta sfidando i tabù della Chiesa? Insomma, si tratta soltanto di un’innovazione nello stile, o piuttosto il Pontefice “che viene dalla fine del mondo” intende scardinare alcuni principi dogmatici tradizionali?
Molti fedeli, ma anche tanti non credenti che guardano al nuovo vescovo di Roma con attenzione, si pongono la domanda. Lo dimostra un articolo sulla tedesca Sueddeutsche Zeitung, corredato dalla vignetta di un Bergoglio che torna in Vaticano con le infradito ai piedi e il surf con la scritta Rio sottobraccio, e il titolo “Neuer Ton statt alter Kaempfe”, un nuovo tono al posto di vecchie battaglie. La Chiesa — questo è il punto dell’argomento — può rinunciare ad alcuni suoi cardini fondamentali, per aprire invece su fronti fino a ieri considerati, appunto, dei tabù?

In Vaticano e nel vasto ambiente ecclesiastico, a sorpresa, ci sono più certezze e meno dubbi, ascoltando un nutrito numero di voci diverse. «La Chiesa si rappresenta sulle parole — dice il direttore di Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani, Marco Tarquinio — dunque gli accenti sono fondamentali. Quelli di Francesco non sono modi di dire, e confermano la dottrina. Ma, ad esempio, sui divorziati risposati c’è sicuramente un passo in più. E l’affermazione sull’importanza della donna, su una teologia della donna, è molto forte. Difatti il Papa ha parlato di Maria ponendola al di sopra degli apostoli. Intendiamoci, Francesco intercetta questioni che fanno parte del dibattito in corso: sono piste chiare, di lavoro, un materiale prezioso per tutti noi. Però attenzione: sono temi già affrontati da Benedetto XVI, e che ora Bergoglio apre alla sua maniera. Lui, insomma, porta dentro le novità partendo dalla tradizione. Ma il passo avanti lo fa».
«Usa un linguaggio molto forte ed efficace — è l’opinione del direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian — . E proprio sfruttando tutte le vie della tradizione, che è talmente vasta e ricca, si può fare molto. Ricordiamo che la parola tradizione è un concetto dinamico: significa trasmettere, consegnare ». L’Osservatore di oggi porta a convergere sulle novità espresse da Francesco una storica e un teologo. «Le dichiarazioni del papa sul ruolo delle donne — si legge nell’articolo di Lucetta Scaraffia — sono chiare e rivelatrici di una forte volontà di apertura. L’apertura è sostanziale, ed
è direttamente collegata al suo progetto di riforma della Chiesa. Non gli impedisce di escludere il sacerdozio femminile, ma al tempo stesso di chiedere un supplemento di studi e riflessioni per capire come realizzare questa parità nella differenza». E sugli omosessuali e la “lobby gay” in Vaticano, «la Chiesa non deve essere una rigida dispensatrice di giudizi, ma deve essere sempre pronta ad accogliere i peccatori». Infine «misericordia è quanto invoca anche per i divorziati risposati, senza per questo aprire al divorzio». Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, scrive inoltre che Francesco «parla un linguaggio che capiamo: responsabilizza e appassiona i giovani, e tocca il loro cuore; è vero, essenziale, semplice».
Per don Franco Lever, salesiano di origini trentine, preside della facoltà di Comunicazioni sociali presso l’Università salesiana, «il segreto del Papa è l’autenticità. Non ha nessuna strategia per conquistare la gente.
Non c’è tattica. Solo la trasparenza di un uomo che è abituato a stare con la gente. Parla come tutti, ascolta tutti e tutti lo capiscono. Prendiamo anche le frasi che ha detto sull’aereo sui gay. Ha detto cose che un qualunque prete di buon senso direbbe e sottoscriverebbe. Certo, lui ci ha messo la spontaneità che a volte manca a qualche prete. Ma nulla di nuovo rispetto a quanto faceva a Buenos Aires».
Diverso in questo caso lo sguardo di John L. Allen, veterano tra i vaticanisti statunitensi, presente nel volo papale in Brasile, e corrispondente del
National Catholic Reporter: «Con la sua conferenza stampa Francesco ha dimostrato di non essere affatto un personaggio naif, tale cioè da esprimere solo quello che ha nel cuore. Invece, ha voluto manifestare alcuni concetti che aveva in mente, e lo ha fatto con consapevolezza, meditandolo. Ci troviamo quindi ad aver a che fare con una persona meno semplice di come viene descritta, e dal pensiero ben strutturato. E non è un caso, è un gesuita ».
Monsignor Dario Viganò, anch’egli in volo in Brasile con Bergoglio, direttore del Centro televisivo vaticano e scrittore, spiega: «Sento dire a volte che Francesco non ha ancora avviato un vero e proprio governo. Io credo esattamente il contrario: è un Papa con una grande forza di governo per il fatto che le sue parole, il suo annuncio, mentre affermano le verità della fede, attestano anche il modo con cui queste verità debbono essere vissute. Pensiamo come ciascuno di noi è interpellato non concettualmente, ma esistenzialmente dal suo stile. Quale prete o vescovo ad esempio non sentirà urgente la necessità di uno stile sobrio, essenziale, capace di ascolto sincero?». Ma si può dire che egli metta prima il kerygma, l’annuncio del Vangelo come misericordia, rispetto ai princìpi, e che questa sia una strategia voluta? «Esattamente come nel primo millennio, dove l’esito della fede era o il martirio o il monachesimo, cioè l’adesione totale a Dio. Il secondo millennio è stato caratterizzato dall’astrazione in cui i concetti erano più facilmente aggredibili dal punto di vista del pensiero e del ragionamento. Ma così abbiamo iniziato a parlare di Dio in termini di natura e di sostanza e perdendo di vista la Persona e le relazioni. Dunque Papa Francesco che sa bene che il cristianesimo è un fatto cristiano, il fatto in cui terra e cielo, divino e umano non si accostano ma diventano un tutt’uno».
Dove potrà allora arrivare Francesco? Fin dove potrà spingersi? Padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti che esce con l’imprimatur della Segreteria di Stato, afferma che il Pontefice argentino potrà varcare altri confini, pur nel rispetto della tradizione. «Il Papa sta agendo, è in piena attività. Uno dei suoi punti chiave è l’apertura radicale della Chiesa alla società e all’uomo di oggi. E le periferie esistenziali che cita spesso non sono solo economiche e sociali, ma anche psicologiche e spirituali. La frase che ha pronunciato sui gay («chi sono io per giudicare un omosessuale che cerca Dio?») è mutuata da un concetto che fa parte del Bergoglio-pensiero, dichiarata tempo fa nel dialogo con il rabbino Abraham Skorka: «Se nella Creazione Dio ci ha lasciato liberi, chi sono io per intromettermi?». Posto questo, e posta la libertà della persona umana e la sua relazione con Dio, il Papa vuole evitare ingerenze. Per Bergoglio però, non esiste mai una questione di stile: non c’è retorica, ma è piuttosto importante il messaggio, e la forma coincide con il contenuto. Per lui non esistono tabù, o frontiere invalicabili. A Rio, difatti, ha detto “sogno una Chiesa senza frontiere”. Esiste il Vangelo, non esistono limiti. E non esistono situazioni esistenziali che impediscano al Vangelo di entrare ». Questa mattina, Francesco andrà proprio dai “suoi” gesuiti, nella sede della Compagnia, per la festa del fondatore Sant’Ignazio di Loyola. Dirà, ancora una volta, qualcosa di nuovo?


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