La guerra di Erdogan alle carte di credito: “Non usatele”

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LE CARTE di credito? Non dovete usarle, perché fanno ingrassare le banche. Dopo aver più volte attaccato la “lobby dei tassi di interesse”, il premier turco Recep Tayyip Erdogan si scaglia ora contro le Visa e le Mastercard, invitando la gente a non utilizzarle per non fare gli interessi degli “insaziabili” istituti di credito. La sua nuova crociata, o meglio, la sua nuova jihad Erdogan l’ha lanciata due giorni fa durante un iftar, la cena che al tramonto rompe il digiuno di Ramadam. «Quelle carte di credito, non dovete usarle. Per evitare che le banche riescano a mettere assieme tanti soldi, basta non spendere quanto vi spingono a fare», ha spiegato il premier islamico.
Intanto, dopo la brutale repressione della rivolta di piazza Taksim, che ha provocato 4 morti e 7mila feriti, i sondaggi confermano il netto calo di consensi per il partito islamico da lui capeggiato, l’Akp. Da Istanbul, dopo aver lanciato i suoi strali contro le carte di credito, Erdogan ha ritirato fuori la tesi del “complotto” dietro le enormi manifestazioni contro il suo governo, durante le quali hanno occupato le piazze del Paese almeno 2,5 milioni di turchi. «Chi ci ha guadagnato?» ha chiesto retoricamente il premier. «I nemici della Turchia, la lobby dei tassi di interesse». La stessa tesi si legge sull’edizione online del giornale turco Hurriyet, in cui il premier parla ancora di un “complotto” ordito contro il suo governo per indebolire la Turchia.
Fatto sta che sul piano internazionale, soprattutto in Medio Oriente, dove Ankara negli ultimi anni ha conquistato il ruolo di potenza regionale, le cose
si stanno mettendo male. L’intervento dell’esercito contro l’ex-presidente egiziano Mohammed Morsi ha infatti sconvolto i piani della Turchia che aveva scommesso sui nuovi governi d’ispirazione islamica nati dalla “primavera araba”. Quanto sembra lontano oggi quel “tour delle rivoluzioni arabe” del 2011 durante il quale Erdogan fu accolto come un eroe in Egitto, Tunisia e Libia e saldò importanti alleanze con i nuovi leader. Allora il successo degli alleati
di Erdogan sembrava inarrestabile e duraturo, ma a due anni di distanza Ankara teme che il colpo di stato egiziano apra la strada ad altri golpe nella regione contro governi amici.
Per ribadire l’alleanza con i Fratelli Musulmani, appena estromessi dal potere al Cairo, lunedì scorso il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu, ha dichiarato: «Per noi il presidente dell’Egitto è Morsi». Il presidente deposto era per Erdogan il più importante e fidato sodale nella regione. Il premier turco non avrà più a suo fianco un partner che aveva contribuito in maniera determinante a portare al potere e con cui su molti temi aveva le stesse opinioni. Per chiedere l’immediata liberazione di Morsi è sceso in campo anche il presidente della repubblica turco Abdullah Gül. Invano.


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