L’accusa di terrorismo per 12 militanti dei No Tav

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TORINO — Terrorismo. La parola, di cui forse ci si era un po’ dimenticati dai tempi delle Br, fa capolino per la prima volta nelle tesi d’accusa della procura di Torino contro 12 attivisti dell’ala estrema del movimento No Tav, accusati di essere tra coloro che la notte dello scorso 10 luglio diedero vita a un tiro al bersaglio ai danni delle forze dell’ordine al cantiere di Chiomonte. Ieri mattina sono scattate le perquisizioni nelle loro abitazioni, ordinate dai pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo, condotte dalla Digos e durate fino al primo pomeriggio. Alla fine i poliziotti hanno sequestrato bombolette di gas urticante, petardi, fuochi d’artificio, razzi, apparecchiature elettroniche e telefonini. Ma, soprattutto, manuali per fabbricare bombe molotov. Ossia analoghe alle due che erano state trovate nei boschi della val Clarea all’indomani dell’assalto.
I fatti di quella notte, secondo gli investigatori, avevano rappresentato un salto di qualità nelle azioni di protesta contro il cantiere. Per la prima volta a essere presi di mira erano state non le strutture e i mezzi del cantiere, ma le persone che vi lavorano e soprattutto quelle che lo difendono. I manifestanti si erano avvicinati alle reti per una manifestazione pacifica. Andati via quelli a volto scoperto, ne erano rimasti non più di 30, tutti incappucciati. Una volta a contatto con le reti, avevano iniziato a tagliarle. Un diversivo per fare uscire le forze dell’ordine fuori dal cantiere. Quando questo è avvenuto, dai boschi era partito un copioso lancio di bombe carta, razzi e pietre ad altezza d’uomo. Dal cantiere, per risposta, erano scattati i getti d’acqua degli idranti e i lacrimogeni.
Per i magistrati guidati dal procuratore Gian Carlo Caselli quanto accaduto configura l’accusa di attentato con finalità terroristiche. Un’ipotesi che invece è respinta con forza dal movimento No Tav e anche dai 20 sindaci che si oppongono all’opera e che solo lo scorso sabato hanno sfilato a fianco degli attivisti nei boschi tra Giaglione e Chiomonte. «Sono sconvolta — dice Anna Allasio, sindaco di Bussoleno — perché si paragonano al terrorismo azioni di dissenso che finora non hanno procurato alcun danno». Quanto accaduto, invece, è «surreale ma prevedibile, alla luce dell’accanimento che stiamo subendo negli ultimi mesi», commenta Dana Lauriola, portavoce del centro sociale Askatasuna, una dei 12 indagati, che ieri ha parlato tramite l’emittente antagonista torinese Radio Blackout. «Il movimento No Tav — aggiunge — sarà in grado di respingere questo attacco senza precedenti. La procura vorrebbe che fosse questa la lente con cui guardarlo ma noi sappiamo che non è così».


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