Poveri 9,5 milioni d’italiani disoccupazione verso il 13%

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ROMA — Recessione, disoccupazione e povertà: quest’anno la crisi si fa sempre più marcata. E dunque, la Banca d’Italia rivede al ribasso le previsioni del Pil 2013, fino a meno 1,9%, quasi il doppio rispetto alle stime precedenti. La disoccupazione è destinata a balzare al 13% nel 2014, un punto in più. l’Istat calcola in 9,5 milioni i poveri «relativi» in Italia, il 15,8% della popolazione. Di questi, 4,8 milioni, circa l’8%, non riesce a vivere una vita dignitosa, non avendo neppure i soldi per i beni essenziali: è un record dal 2005.
Ci aspetta un anno durissimo, perciò, come certificano anche Fmi e Ocse. Poi, piano piano, arriverà una tenue ripresa e l’economia tornerà a crescere «a ritmi moderati», dello 0,7%. Gli esperti del governatore Ignazio Visco elencano però una serie di «rischi al ribasso» legati a diversi fattori: le prospettive dell’economia globale, le condizioni di liquidità delle imprese e dell’offerta di credito. Ma attenzione: sui tempi e l’intensità della ripresa grava anche il pericolo di aumenti degli spread sui titoli di Stato. Di sicuro il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, se ben attuato, potrebbe dare una scossa all’economia con un effetto positivo sul Pil dello 0,5% nel 2014 e di 0,1 già quest’anno. Non sono previsti invece contraccolpi negativi sui conti pubblici: l’indebitamento resta stabile.
Luci ed ombre, mentre la recessione falcidia i posti di lavoro, scende il reddito disponibile delle famiglie, calano i consumi (-2,3% quest’anno) e aumentano i poveri. L’Istat fotografa una Italia sempre più in difficoltà, che non riesce ad arrivare alla fine del mese: nel 2011 gli indigenti in termini relativi (coloro la cui spesa per consumi è inferiore alla linea di povertà) erano il 13,6% della popolazione, i più poveri tra i poveri il 5,7%. Nel 2012 questi due valori sono aumentati rispettivamente fino al 15,8% e all’8%. Quasi la metà dei più poveri (2,3 milioni) vive al Sud. L’incidenza della povertà relativa tra le famiglie raggiunge il 29,6% in Sicilia, il 28,2% in Puglia e il 27,4% in Calabria. I valori più bassi vengono registrati invece Trento (4,4%), Emilia Romagna (5,1%) e Veneto (5,8%). I più colpiti sono i giovani e i nuclei familiari numerosi, gli operai e i disoccupati. Ma il fenomeno è in aumento anche tra anche tra gli impiegati e i dirigenti (dall’1,3 al 2,6%).
L’Istat indaga il 2012, la Banca d’Italia guarda all’oggi e al futuro prossimo. In sintesi: le condizioni del mercato del lavoro, che tipicamente reagiscono con ritardo alla dinamica dell’attività produttiva, è previsto che continuino a deteriorarsi, soprattutto per i giovani, nonostante i recenti provvedimenti del governo: una timida ripresa è prevista solo nella seconda metà del 2014. Anche i consumi delle famiglie andranno un po’ giù pure nel 2014: solo meno 0,1%, dopo la caduta del 2,3% prevista per il 2013. Il costo del credito per le imprese italiane non calerà né quest’anno né il prossimo. L’inflazione resterà sotto controllo nel biennio anche con l’ipotizzato aumento dell’Iva. In compenso, dopo tre cali consecutivi, la produzione industriale ha registrato «un modesto aumento in maggio» e «anche in giugno». L’attività economica è prevista stabilizzarsi già alla fine di quest’anno, prima della mini-ripresa del 2014 e al netto della serie di rischi che si profila all’orizzonte, spread in testa. Bisogna non mollare sul rigore. Al governo, il Bollettino lancia un messaggio che suona così: «Il conseguimento degli obiettivi di consolidamento dei conti pubblici è condizione necessaria per contenere i premi di rischio». E più avanti: «Occorre altresì evitare che questi risentano negativamente di incertezze sul quadro interno». Un aumento degli spread si ripercuoterebbe sulla provvista delle banche e quindi su disponibilità e costi del credito a imprese e famiglie.


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