Verso Mosca, in autobus con le badanti

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Sul bus che da Napoli arriva a Minsk (capitale Bielorussa) nelle parole di Nadya e Yilenia l’eco della difficoltà di vivere una “vita da badante” e una “vita a distanza”. Loro come tante sono mamme, mogli, figlie e zie a distanza. Spesso dipinte secondo immaginari poco veritieri, la loro vita è scissa da necessità (lavoro) e virtù (rimanere la Donna della loro famiglia lontana).

Come molte loro colleghe, anche Nadya e Yilenia finito il lavoro “vicino” dedicano molte ore a quello “lontano”, educando i figli lasciati nel paese di origine, facendo compagnia al marito e cercando di mantenere un equilibrio famigliare che dia continuamente ossigeno e forza alla scelta migratoria fatta. Skype è il mezzo che garantisce di trasmettere passione e amore oltre i confini che le separano. Lo utilizzano per condividere – e cito le loro parole – un “pasto a distanza” con i mariti, per educare i figli controllandone compiti, pagelle scolastiche, ascoltandone i bisogni e accompagnando senza sosta la loro crescita. Sono sorelle quando parlano con i fratelli, sono zie quando la domenica si uniscono in preghiera con la famiglia riunita, sono compagne di vita quando ricordano – ogni giorno – ai mariti dove e perché stanno vivendo.

Nella parola “badante” vi sono molteplici sfaccettature. Oltrepassando l’immaginario collettivo del termine, il lavoro si suddivide in categorie precise: badanti che convivono ma lavorano part-time, altre che convivono operando a tempo pieno, “neobadanti” con compiti generali e badanti professionali che offrono un pacchetto assistenziale e casalingo completo. Gli stipendi variano a seconda della tipologia e sono utili per comprendere le sfaccettature di questa professione. A seconda delle esigenze economiche e dei limiti conflittuali di coppia (quando si tratta di una convivenza con il dipendente), la scelta viene abitualmente fatta con il marito prima di partire. Il capitale sociale in Italia e le agenzie addette sono i tramiti che connettono le nostre case con quelle delle future collaboratrici.

D’inverno ne parte uno, d’estate invece sono due i pullman che riaccompagnano un numero infinito di donne nelle loro case bielorusse. Raramente ci sono posti liberi, le tappe sulla rotta sono tedesche e polacche. Altre vie verso paesi differenti non variano molto in numeri e significati. All’arrivo sperano di non essere accolte direttamente dai mariti e dai figli. Per le badanti, che come quelle che ho incontrato, non fanno ritorno da anni, vedere dal finestrino l’avvicinarsi di posti cari confonde i sentimenti, facendo percepire l’emozione troppa e vana al tempo stesso. La voglia di rincontrare chi ti aspetta da molto alimenta l’imbarazzo di un abbraccio, colmo di timori vissuti e futuri. Ad attendere Nadya c’era il marito, una stretta di mano e due baci fra i due, poi il cammino silenzioso verso la macchina.

Le famiglie italiane che emettono domanda in questo bacino occupazionale sono circa 2 milioni e 500 mila (dati Censis 2011). Sempre dalla stessa fonte si evince che la disponibilità media di assunzione sta lentamente diminuendo. Il motivo principale è la crisi, così dicono. I dati statistici informano inoltre che la spesa media di una famiglia italiana per assunzione si aggira attorno ai 700 euro mensili e, soprattutto al nord, le assunzioni hanno avuto un leggero calo. Chi colma questo primo vuoto assistenziale? Da una parte si riduce il lavoro per adempiere alla causa famigliare, dall’altra l’incalzante disoccupazione porta le persone ad arginare le spese occupandosi del mestiere che una volta faceva la badante. Nonostante ci siano le prime battute d’arresto – non contando per altro il welfare informale che in questo campo incide notevolmente sui dati ufficiali –, il fenomeno resta ed è comunque in crescita.

Concludo passando il microfono alla storia per farci raccontare alcune vite di migranti italiane che dal nord-est, dal centro-sud e fino agli anni ’30, partivano per trovare occupazione come governanti in Egitto. Meglio conosciute come “le Alessandrine” (per via della meta che era la città di Alessandria), questo interessante scorcio novecentesco è un ulteriore aiuto a riflettere che è tempo di conoscere da altre prospettive quell’universo femminile, italiano o meno poco importa, in grado di essere “donna a distanza” e “badante alla necessità”. (1 – continua)

Francesca Bottari


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