«Nomine e governance, colloqui coi vertici Ds e Pd sul controllo della banca»

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Il principale è certamente Franco Ceccuzzi, sindaco di Siena da maggio 2011 a maggio 2012. In occasione delle ultime elezioni voleva candidarsi alle primarie, si è ritirato quando è stato indagato dalla procura di Salerno proprio per un finanziamento concesso da Mps al «Pastificio Amato». È amareggiato e non lo nasconde ora che, seduto al tavolino di un bar del centro di Siena, conferma quanto ha già raccontato a verbale un anno e mezzo fa, il 5 ottobre 2012.
Le «scelte oculate»
di Fassino
«Come segretario provinciale dei Ds nel 2006 ho partecipato a diverse riunioni per raggiungere un accordo sulla governance della banca. Quando il presidente non poteva essere riconfermato aprimmo la discussione sul successore. Passò l’ipotesi di nominare Giuseppe Mussari presidente e Lionello Mancini presidente della Fondazione Mps. Io ne parlai con l’onorevole Alberto Monaci, il sindaco Maurizio Cenni, il presidente della Provincia Fabio Ceccherini, Simone Bezzini e Graziano Battisti, segretario provinciale della Margherita. Quando non si parlava di loro, partecipavano anche Mancini e Mussari. Si cercava sempre di trovare una sintesi tra la Provincia e il Comune affinché tutti fossero rappresentati. Prima delle nomine ebbi un colloquio con l’onorevole Piero Fassino, che all’epoca era il segretario del partito, e lui mi disse di fare scelte oculate per il bene della banca e del territorio. Però posso assicurare che da parte dei dirigenti nazionali non vi fu alcuna ingerenza».
L’ex sindaco non nega una vera e propria spartizione. E spiega: «Nel 2009 si decise di portare i componenti del consiglio di amministrazione di Mps da 10 a 12 per rispettare le proporzioni del consiglio regionale e di quello provinciale. I componenti del cda indicati dalla Fondazione erano uno dell’opposizione, due dell’ex Margherita e tre dell’area ex Ds. Comunicai queste scelte a Walter Veltroni e lui si limitò a prendere atto. In quel periodo si parlava molto di un ampliamento della banca e su questo presero pubblicamente posizione Fassino, D’Alema e Chiti».
Incontri con Bersani
e D’Alema
Poi Ceccuzzi torna a parlare della strategia che ha portato a un cambio dei vertici. Spiega che nell’aprile del 2012 è stata fatta una «scelta di rottura scegliendo presidente e direttore generale non senesi» e rivendica di aver «proposto un cambiamento radicale dal momento in cui sono diventato sindaco». Lo aveva raccontato anche ai magistrati ricordando di aver «proposto a Mussari di cambiare, mentre lui si opponeva dicendo che il management l’aveva scelto lui. La situazione precipitò nel novembre 2011 quando Vigni mi disse di rompere con il passato anche per dare un segnale al mercato. Io ne parlai con il provveditore della Fondazione Claudio Pieri e con Mancini che però mi sembrava contrario. Alla fine decidemmo di affidare all’agenzia “Egonzender” il compito di contattare alcuni manager sul mercato per diventare direttore generale. Furono individuati Viola, Gallia, Maioli e Valeri. Profumo ci disse che era disponibile solo come presidente. Alla fine fu scelto Viola. Io ero contrario a riconfermare Mussari mentre Monaci lo voleva. Poiché eravamo amici chiamai Mussari e gli dissi che avevo posto il veto alla sua riconferma».
Ceccuzzi entra poi nei dettagli dei colloqui avuti con i vertici del partito. «Agli inizi di gennaio 2012 ho parlato con Bersani e D’Alema della situazione della banca e della fondazione. Ho detto che avevo una posizione di rottura con il passato e ho chiesto il sostegno per l’operazione che avrei dovuto fare. Bersani mi disse che avevo il sostegno del partito. Con D’Alema parlai della nomina del presidente e siccome sapevo che lo conosceva, gli chiesi di parlare con Profumo per convincerlo ad accettare l’incarico. L’incontro avvenne presso la fondazione “Italianieuropei” ma mentre tornavo a Siena D’Alema mi chiamò e disse che Profumo era perplesso. Lo incontrai di nuovo con Pieri e lui alla fine si convinse perché ottenne la garanzia di una rottura con il passato».
«Le ingerenze
del sindacato»
Ceccuzzi nega che quelle dei leader del partito fossero ingerenze: «Il Monte è una grande banca, è normale che fossero interessati e che ci sostenessero». Ben diverso, secondo l’ex sindaco, l’atteggiamento «del sindacato bancario Fisac Cgil che ha espresso ben tre sindaci e ha avuto sempre un peso fortissimo all’interno di Mps». Smentisce di aver avuto un ruolo sull’acquisizione di Antonveneta: «L’ho scoperto dalle agenzie di stampa e soltanto in seguito ho appreso i dettagli». Mussari decise invece di avvisare l’allora presidente della Provincia Ceccherini. Lo conferma egli stesso, come del resto aveva già fatto davanti ai pubblici ministeri che lo hanno interrogato come testimone il 4 ottobre 2012. «Il presidente — spiega — mi telefonò per informarmi che stava per firmare o che aveva firmato. Alcune settimane prima mi aveva già avvisato della trattativa in corso».
Anche Ceccherini ha parlato a lungo dei rapporti tra Mps e partito evidenziando come «nel 2006, in occasione delle nomine, parlai con Cenni, Ceccuzzi e con Franco Bassanini che era stato eletto nella circoscrizione di Siena e assieme all’onorevole Giuliano Amato erano quelli maggiormente attenti al territorio e alla banca. Ebbi colloqui anche con D’Alema che esprimeva perplessità sulla governance».
Un atteggiamento confermato da Cenni secondo il quale «le diverse anime dei Ds erano molto interessate alla gestione di Mps e credo che anche l’acquisizione di Antonveneta sia stata decisa proprio per la pressione psicologica che c’era sulla banca. Siamo stati accusati addirittura di essere “medievali”». È proprio lui a ricordare come «nel 2009, dopo la conferma di Mancini e Mussari, avevo espresso l’idea che si dovesse azzerare tutto, in particolare i vertici della Fondazione e fui tacciato dal Pd locale di non fare gli interessi della città. Mi trovai completamente isolato».


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