«Niente ricatti» E il Pd dice già no al dialogo con il Pdl sulla giustizia

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O meglio, cosa non prevede su giro di vite per le intercettazioni, paletti per l’avvio delle attività di indagine da parte delle procure e Alta corte di giustizia disciplinare per tutte le toghe perché quella è materia che scotta, trattata e concordata dai «saggi» (Mario Mauro, Valerio Onida, Gaetano Quagliariello, Luciano Violante) convocati lo scorso 30 marzo al Quirinale dal presidente della Repubblica.
Il documento prodotto da quel gruppo di lavoro alcuni giorni prima che nascesse il governo delle larghe intese è ora tornato di stretta attualità perché il capo dello Stato lo ha messo al centro dell’agenda della maggioranza e il Cavaliere, ormai condannato con sentenza definitiva, non si è fatto sfuggire l’occasione per rilanciare l’agognata riforma della giustizia. Ecco, dunque, l’origine dell’ urgenza di Epifani di delimitare con chiarezza almeno con i suoi cosa intenda Giorgio Napolitano quando auspica «che possano ora aprirsi condizioni più favorevoli per l’esame, in Parlamento, di quei problemi relativi all’amministrazione della giustizia già efficacemente prospettata» dal gruppo di saggi convocati alcuni mesi fa al Quirinale.
Il piatto è forte se si pensa ai precedenti tra Pd e Pdl in materia di giustizia. Eppoi, nelle stesse ore in cui Epifani maturava la convinzione di puntare i piedi, Magistratura democratica (la componente di sinistra delle toghe) faceva sentire la sua voce più che critica contro gli attacchi a «una parte dei magistrati» mossi da Berlusconi: è sbagliato «offrire legittimazione a coloro che accusano di parzialità una “parte minore della magistratura” ma sono, in realtà, interessati a interventi che mirano ad addomesticare un potere dello Stato che nonostante tutto non sono riusciti a controllare e a condizionare», hanno messo nero su bianco Anna Canepa e Luigi Marini, rispettivamente segretario e presidente di Md. In altre parole, è sbagliato parlare ora di riforme della giustizia, subito dopo la condanna inflitta dalla Cassazione a Berlusconi.
Per il Pdl tutto questo è inaccettabile. Per cui il clima si è guastato prima ancora che iniziasse un confronto sulla proposta del Quirinale: «Spero che i presidenti dei due rami del Parlamento, Grasso e Boldrini, avvertiranno il dovere di replicare al comunicato di Magistratura democratica con cui si proibisce al Parlamento di discutere di una eventuale riforma della giustizia di cui ha parlato il presidente della Repubblica», ha detto il coordinatore del Pdl Sandro Bondi.
Così, in serata, quando Berlusconi aveva già lanciato il suo aut aut («O si fa la riforma della giustizia o si va al voto»), il livello di guardia nel Pd era altissimo. Il capogruppo al Senato, Luigi Zanda, ha preso molto su serio l’invito di Napolitano ma ha osservato che le mosse tattiche del Pdl stanno avvelenando i pozzi: «I principi contenuti nella bozza dei saggi sono condivisibili ma altra cosa è scrivere un testo di legge…Eppoi, il ricatto delle dimissioni di massa dal Parlamento non si concilia con il tema delle riforme. Le due cose sono incompatibili, così come non aiuta la richiesta di Grazia per Berlusconi». Più tranciante il giudizio del senatore Felice Casson: «In questo momento non c’è alcuna possibilità di discutere con il Pdl in materia di giustizia e lo abbiamo visto al Senato sul voto di scambio e sul decreto svuotacarceri. Figuriamoci sulle intercettazioni: loro vogliono stroncare la libertà di stampa e limitare la possibilità di indagare mentre noi proponiamo che vada semplicemente rafforzata la sfera della privacy dei cittadini». E le intercettazioni — il testo del Quirinale suggerisce di rendere «cogente la loro qualità di mezzo di ricerca della prova e non di strumento di ricerca del reato» — sono un terreno su cui procedere con molta cautela anche per Donatella Ferranti, presidente della commissione Giustizia della Camera. Però per Luciano Violante, che la bozza ha contribuito a scrivere, il punto di partenza non può essere che è quello individuato dai saggi: realizzabile con legge ordinaria e, limitatamente all’Alta Corte disciplinare, con legge costituzionale.
Dino Martirano


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