«La minaccia più seria dall’11 settembre»

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IL CAIRO — L’edificio-fortino vuoto e chiuso. Blindati di fronte alle porte di accesso serrate. Ordine perentorio di restare lontani dalle barriere di cemento nelle strade tutto attorno. Diplomatici e personale statunitensi in molti casi spostati in rifugi segreti e posti sotto protezione eccezionale. L’immagine ieri dell’ambasciata americana nel centro del Cairo, solo poche centinaia di metri da piazza Tahrir, rispecchia quelle delle 22 sedi diplomatiche Usa in Medio Oriente, Nord Africa e sino a Kabul e nel Bangladesh, chiuse in risposta all’allarme terrorismo lanciato da Washington e al montare delle prove fornite dall’intelligence per cui Al Qaeda sarebbe in procinto di lanciare un «gravissimo attentato». Ieri sera l’emittente televisiva Abc citava alcune dichiarazioni di militanti qaedisti intercettati sulla Rete per cui ci sarà «un grosso attacco dal grande significato strategico». Il Dipartimento di Stato ha infine deciso di prolungare la chiusura di 19 sedi diplomatiche «a rischio» in Medio Oriente fino a sabato 10 agosto.
A detta di Saxby Chambliss, senior tra i repubblicani nella Commissione Intelligence del Senato, le conversazioni captate tra gli alti ranghi «del terrorismo qaedista relative alla preparazione degli attentati ricordano quelle che precedettero gli attacchi dell’11 settembre 2001». Anche il repubblicano Peter King, capo della sottocommissione della Sicurezza Nazionale su Controterrorismo e Intelligence, specifica che la segnalazione include date ma non località. «La minaccia è specifica su quanto enorme sarà l’attacco e sono state fornite alcune date precise», dice. Il flop nella sicurezza che l’11 settembre dell’anno scorso portò alla morte dell’ambasciatore Usa Chris Stevens assieme a quattro collaboratori nell’attacco contro il consolato di Bengasi vale da monito: l’amministrazione Obama non è pronta a correre alcun rischio.
I media americani rilanciano le informazioni diffuse da fonti vicine a Cia ed Fbi per cui l’offensiva terroristica dovrebbe avvenire nei prossimi giorni, comunque prima della fine del mese, magari in concomitanza con le feste religiose musulmane che tradizionalmente marcano la fine del Ramadan (secondo il calendario lunare entro il prossimo fine settimana). Le fonti concordano nel ritenere che cuore del complotto siano le cellule di Al Qaeda in Yemen. «I terroristi sono già operativi sul posto. Pronti a colpire», sostiene ancora la Abc , senza fornire però i dettagli del luogo o l’obbiettivo. In Yemen leader massimo delle colonne militari qaediste è Nasser al Wahish, meglio noto come «emiro di Al Qaeda nella Penisola Araba» sin dalla sua nomina nel 2009. In passato era tra l’altro stato segretario personale di Osama Bin Laden. La sua determinazione a colpire nel modo più forte possibile si sarebbe incattivita dopo che nel settembre 2012 è rimasto ucciso assieme a sei compagni il suo numero due, Said Shahari (nome di battaglia Abu Sefian), sembra da un missile sparato da un aereo senza pilota americano.
Anche l’Interpol mette in guardia sulla possibilità del rilancio del terrorismo di marchio islamico indicando l’emergere di prove sostanziali circa il coinvolgimento dei quadri di Al Qaeda nella fuga recente di centinaia di prigionieri dalle carceri di massima sicurezza in Pakistan, Iraq e Libia. Una situazione esplosiva che ha spinto anche Gran Bretagna, Germania e Francia a chiudere le sedi diplomatiche in Yemen. Rafforzata la sicurezza, ma nessuna chiusura invece da parte italiana, neppure per l’ambasciata di Sanaa.
Lorenzo Cremonesi


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