Bloccare le motivazioni della sentenza così il Pdl spera di ricandidare Silvio

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UNA manovra a tenaglia – ogni giorno “macchina del fango” dal Giornale e Csm in azione contro il presidente del processo Mediaset Antonio Esposito – nel disperato tentativo di far saltare la sentenza e soprattutto di allontanare il più possibile nel tempo, o addirittura bloccare, la stesura delle sue motivazioni. Con la segreta speranza di ottenere nel frattempo, se non l’agognato salvacondotto, quanto meno il congelamento del voto del Senato sulla decadenza del Cavaliere e la possibilità di portarlo come candidato alle prossime elezioni da tenere ovviamente in autunno.

UN’OPERAZIONE che potrebbe passare anche per un accordo sulla legge elettorale, che peraltro il Quirinale sollecita.
L’estremo tentativo in atto non tiene conto di molte, se non addirittura troppe variabili destinate a far saltare il progetto del Pdl. Una su tutte: comunque il Cavaliere, ormai nella sua posizione di condannato in via definitiva a una pena superiore a quattro anni, non potrà più essere candidabile. Anche se si dovesse votare a ottobre, ci potrà pur essere il nome di Berlusconi sul simbolo e sulla scheda, ma lui, fisicamente, non potrà correre né per la Camera, né per il Senato. Tuttavia il Pdl sta provando con ogni mezzo a dimostrare che la sentenza della Cassazione è inficiata da un presidente che è entrato in camera di consiglio avendo già deciso di
condannare Berlusconi a prescindere dalle “carte” e da un collegio in cui, come dice il super falco Daniela Santanché, c’erano “due funzionari che appartengono a Md, un partito ostile a Berlusconi”.
L’obiettivo prioritario, da giorni, è distruggere quella sentenza del primo agosto. Essa è ormai definitiva e immodificabile sul piano giuridico, la condanna a 4 anni per frode fiscale e il rinvio alla corte di appello di Milano per rimodulare l’interdizione dai pubblici uffici, sono scritti in un dispositivo che nulla potrà cambiare o distruggere o cancellare. Ma la decisione può essere “macchiata” sul piano mediatico e soprattutto politico, con l’obiettivo di dimostrare che Berlusconi è stato vittima di un “pacco” preconfezionato, di un processo ingiusto scritto da giudici prevenuti e comunisti. Al processo chiuso nei palazzi di giustizia (tribunale, corte di appello, Cassazione), il Pdl vuole contrapporre quello in piazza. Alla fine del percorso c’è il ricorso a Strasburgo, ma soprattutto le pressioni su Napolitano per ottenere concrete garanzie su una prospettiva di prossime elezioni.
S’innesta qui la manovra in atto al Csm per far “cadere” al più presto la testa di Antonio Esposito. Lui, la toga che ha letto il verdetto, è divenuto il simbolo del processo stesso. Per questo, da giorni, la stampa berlusconiana lo lavora ai fianchi, per costringerlo a lasciare il suo posto in Cassazione. Il Csm è chiuso e la pausa dura fino alla metà di settembre. Tuttavia il centrodestra, proprio per questo motivo, è in piena attività e ha quasi rinunciato alle vacanze. Annibale Marini, il presidente della prima commissione, Zanon, Romano, Albertoni e Palumbo non solo hanno chiesto di aprire la pratica contro Esposito, ma poi hanno preteso un’accelerazione massima nel trattarla. Perché?
Che obiettivo si pongono? Da voci di corridoio si capisce subito che lo scopo è quello di tentare di ostacolare la stesura delle motivazioni. Creando il massimo discredito intorno alla figura di Esposito, nella segreta speranza che questo influisca sulla credibilità finale delle motivazioni
stesse.
Il paradosso è evidente, e al Csm sia i togati che i laici della sinistra sono preoccupati. L’organo di autogoverno dei giudici, che dovrebbe tutelare l’autonomia e l’indipendenza dei medesimi, finisce in questa situazione per intervenire a gamba tesa in una fase delicatissima per il processo. C’era effettivamente l’urgenza di anticipare al 5 settembre la riunione della prima commissione? La risposta è no, questa fretta effettivamente non c’era. A spiegarla c’è solo la volontà di votare al più presto su Esposito, anticipando anche un eventuale passo del procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani che potrebbe, a sua volta, far partire un’azione disciplinare. A questo punto l’unica contromossa, cui i cinque giudici del collegio Mediaset che hanno condannato Berlusconi starebbero pensando, è quella di “battere” sul tempo le manovre anti-Esposito chiudendo al più presto le motivazioni. Poi sia quel che sia. I legali del Cavaliere ricorreranno a Strasburgo, dalla Corte potrà pure venire una critica, ma da qui a riaprire il processo ce ne corre.


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