Imprese globali, la sfida è sul territorio

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Sono così emersi vantaggi competitivi, che hanno spinto le imprese — in ragione della dimensione, della proprietà, delle competenze — a specializzarsi nelle diverse fasi di produzione. In questo complesso aggiustamento strutturale, le imprese italiane hanno teso in questi venti anni a specializzarsi sempre più nelle fasi finali delle filiere produttive, dove si realizza il maggior valore aggiunto differenziando i prodotti e specificandone l’identità con marchi, dietro i quali stanno interi sistemi di produzione locali. Queste fasi finali delle lavorazioni sono adatte alla piccola e media dimensione delle nostre imprese, richiedono un profilo tecnologico legato essenzialmente alla capacità di innestare nuove tecnologie su conoscenze consolidate, permettono di sviluppare un’attenzione per il prodotto finale in grado di rispondere ai bisogni puntuali dei consumatori, e sono coerenti con una proprietà famigliare, volta a tutelare la stessa identità dell’impresa.
La globalizzazione dei mercati ha trasformato nicchie locali in segmenti in crescita e quindi le nostre imprese eccellenti ne hanno tratto vantaggio, mantenendo ritmi notevoli di crescita, anche in presenza di un mercato interno stagnante. Nel frattempo in altri sistemi produttivi sono cresciute macroimprese — come Lvmh e Pinault — che si sono concentrate sulla distribuzione finale, gestendo reti di vendita a livello globale, con economie di dimensione, che sembrano fuori dalla portata delle nostre imprese, eccellenti ma pur sempre di dimensione ridotta. D’altra parte anche le produzioni di base, dall’acquisizione di materie prime alle lavorazioni di intermedi industriali, si stanno riorganizzando, puntando su vantaggi di scala legati a volumi e a costi unitari lontani dalle nostre possibilità. Si delinea così una sorta di tenaglia in cui spesso le nostre imprese, eccellenti ma piccole, si ritrovano compresse, divenendo facili prede per grandi gruppi internazionali, in grado di garantire quell’accesso ai mercati mondiali che è essenziale per sostenere alti ritmi di crescita. Qui la lista dei casi è lunga da Loro Piana a Valentino, da Ducati a Ferretti Yacht. Bisogna dunque porre grande attenzione a queste acquisizioni, non certo per ostacolarle, ma per ben collocarle in una prospettiva strutturata di rilancio dell’intero sistema industriale italiano, a cui è legata l’uscita dalla palude in cui ci troviamo.
Il principale rischio per un sistema industriale frammentato e articolato come il nostro è che tali acquisizioni destabilizzino sistemi locali di produzione, di cui quelle stesse imprese erano snodi essenziali. Se dunque diviene necessario disporre di politiche di attrazione degli investimenti esteri in Italia, diviene opportuno accompagnare queste acquisizioni da parte di grandi imprese globali con azioni di radicamento nel contesto locale. Bisogna cioè ricostruirvi attorno percorsi concertati di crescita per territori, che diventino condizioni di vantaggio localizzativo per le stesse imprese acquirenti. L’investimento di Berluti-Lvmh in Emilia Romagna, sostenuto da un massiccio intervento di formazione tecnica, è un buon esempio di radicamento territoriale di un grande gruppo globale. L’altra linea di azione riguarda la possibilità che siano le nostre imprese ad andare all’attacco, risalendo la filiera fino ad acquisire le reti distributive, necessarie per controllare il mercato finale. Qui si entra nel cuore stesso del nostro sistema industriale, perché non bastano i consorzi e le reti, ma bisogna consolidare imprese che abbiano competenze, capitali e sostegni bancari in grado di sostenere strategie globali, mantenendo la differenziazione, l’alta qualità, l’identità delle produzioni locali. Il caso Luxottica insegna. Tutti i governi europei si stanno misurando con questi temi, che stanno ridisegnando la mappa industriale nell’Unione; sarebbe opportuno che anche il nostro governo, pur nella precarietà del momento, esprimesse una chiara linea orientata alla crescita e non al tamponamento caso per caso di un sistema produttivo da tempo in sofferenza.


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