Falchi più deboli ma non si arrendono
ROMA — «A me, per esempio, adesso sta a cuore soltanto una cosa. Il profilo umano di Silvio Berlusconi, la sua vita, la sua dignità da difendere. E questo è un aspetto che anche alcuni esponenti del mio partito stanno dimenticando…».
Basta sentire il tono secco e perentorio con cui Michaela Biancofiore sottolinea quel passaggio «alcuni esponenti del mio partito» per capire che no, la guerra all’interno del Pdl non s’è affatto conclusa. La nota di Giorgio Napolitano ha soltanto sospeso una guerra, quella tra i falchi della linea dura e le colombe governative, ricomincerà presto. Molto presto. Probabilmente tra quarantott’ore, il tempo che il Cavaliere s’è dato per metabolizzare le parole del Colle e decidere che strada prendere. La divisione tra i due blocchi è semplicemente uscita dalla scena. Dietro le quinte, infatti, falchi e colombe sono divisi su tutto. Basti pensare che mentre le seconde si spellano le mani per applaudire, come ha fatto ieri Mara Carfagna, il «legittimo richiamo alla stabilità di governo» del capo dello Stato, tra i primi c’è chi parte all’attacco. Come il tesoriere Maurizio Bianconi, vicino a Denis Verdini, che sul suo profilo Facebook ha scolpito la seguente stroncatura all’indirizzo Quirinale, condendola con una chiosa non proprio amichevole indirizzata ai colleghi di partito: «Napolitano, con il richiamo a Forlani, una via l’ha indicata. Ammissione ai servizi sociali riabilitativi. Insomma, da vero comunista, consiglia i campi di riabilitazione. E noi? Contenti come pasque».
Le condizioni per tenere unite due fazioni così distanti non s’intravedono all’orizzonte. Soprattutto se, tra i due blocchi, s’avanza una terza posizione. Quella delle colombe che, pur avendo coltivato il dialogo col Quirinale, sono rimasti poco soddisfatti dalla nota di ieri l’altro. In quest’ultimo gruppo va inserito Renato Schifani. Nonostante sia stato lui a salire al Colle per perorare la causa berlusconiana insieme a Renato Brunetta, nelle ultime quarantott’ore il capogruppo al Senato non ha proferito verbo. Un silenzio che nasconde non poca irritazione visto che evidentemente, dalla nota del Colle, l’ex presidente del Senato s’aspettava un passaggio sulla pena accessoria — e quindi sull’agibilità politica — che invece non c’è stato.
Il clima di guerra fredda che si respira tra i berlusconiani ha prodotto anche qualche effetto collaterale. Tipo quello di cui è stata vittima ieri Mariastella Gelmini, che s’è trovata sulle agenzie un resoconto «non esatto» di alcune parole pronunciate sui «falchi isolati» nel partito. «Ma io», ha spiegato , «parlando alla trasmissione Radio anch’io , mi sono semplicemente limitata a rispondere a Casini, che quella frase l’aveva detta. E gli ho risposto polemicamente che se è vero che sono stati sconfitti i falchi, allora è stato sconfitto anche il Pd…». Per chiarirsi è bastato un giro di telefonate. Ma le reazioni sottotraccia a quella frase, che pure c’erano state, danno la misura dello scontro.
Il perché lo sintetizza la Biancofiore, che pure nega «l’esistenza di falchi e colombe»: «La linea di Forza Italia dipenderà dalla reazione che avrà Berlusconi». E da questo dipenderanno gli assetti futuri del partito. Il pressing dei falchi contro Alfano e i ministri, che a loro dire «si sono esposti poco» nella difesa del Cavaliere, è già cominciato. Com’è cominciata anche la controffensiva delle colombe che accusano l’ala dura di aver «sbagliato strategia» negli attacchi al giudice Esposito. Sia Gianni Letta che Alfano, quest’ultimo sfruttando le competenze maturate all’epoca del ministero della Giustizia, avrebbero già fatto notare a Berlusconi che il tiro a bersaglio contro il giudice di Cassazione potrebbe rivelarsi un autogol. Della serie, «dovevamo limitarci agli attacchi per l’intervista al Mattino . Ma se continuiamo ad andare sul personale, il Csm si compatterà per difenderlo…».
Tommaso Labate
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