Democratici, l’incubo franchi tiratori «Chi salva l’ex premier uccide il partito»

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ROMA — La brezza del sospetto che soffia da Roma ha raggiunto Laura Puppato anche in vacanza. «Se ci sono tra di noi traditori che, nel segreto dell’urna, possono salvare Silvio Berlusconi dalla decadenza?». La senatrice del Pd sospira e poi lo dice: «Da quando è successa quella storia dei 101, in Aula io mi sento come circondata da incappucciati…». E Pippo Civati, che pure precisa che «non voglio credere che accada una cosa di questo tipo», aggiunge: «Io non sono certo uno che alimenta la cultura del sospetto. Però, se accadesse una cosa del genere, se nel segreto dell’urna qualcuno dei nostri votasse per salvare Berlusconi, allora sarebbe peggio della semplice fine del Pd. Sarebbe la fine del mondo».
Ad accendere il primo cortocircuito interno ai Democratici sulla storia della decadenza di Silvio Berlusconi ci pensa un’intervista rilasciata ieri da Felice Casson al Fatto quotidiano . Un’intervista in cui il senatore del Pd, pur precisando che «nessuno» dei suoi colleghi «ha mai manifestato un dubbio» e pur confidando «che non ci saranno scherzi», ha evocato il sospetto che le ultime chances del Cavaliere siano affidate «ai franchi traditori» del Senato. Che, ha detto, «chiamerei così perché sarebbero traditori della legge».
Per capire come l’abbia presa Guglielmo Epifani non serve citare le preoccupazioni espresse ieri dal segretario sull’ipotesi che dopo il passaggio in Senato arrivi la crisi di governo («Sono preoccupato, pagherebbero i cittadini»). O raccontare il modo in cui il diretto interessato ha sorvolato sulla questione della decadenza di Berlusconi («Ci sarà tempo e modo di parlarne»). No. Basta farsi un giro tra la cerchia ristretta del segretario del Pd, che ha reagito alle parole di Casson con stizza. Della serie, «ci si può accusare di tutto, persino di polemizzare troppo appresso al dibattito congressuale sul voto agli iscritti o agli aderenti. Ma di sospetti come quelli no, non ne parliamo nemmeno. Non perdiamo neanche tempo a leggerli».
Il Pd rivendica di aver mantenuto, sul caso Berlusconi, la barra dritta. Sempre e senza divisioni. Dal primo intervento di Epifani, arrivato pochi minuti dopo il pronunciamento della sentenza di condanna da parte della Cassazione. Alle reiterate prese di posizione dei capigruppo Roberto Speranza e Luigi Zanda. Eppure, con le parole di Casson, i sospetti cominciano a circolare. «Stimo Casson e non voglio pensare nemmeno per un secondo che quei sospetti abbiano un seguito. Perché sarebbe la fine per il partito», sottolinea Civati. «Il Pdl minaccia le elezioni solo perché vuole mettere paura ai parlamentari. Se qualcuno di noi ci cascasse, se qualcuno votasse contro la decadenza a voto segreto», è il ragionamento della Puppato, «sarebbe una cosa deflagrante». Vorrebbe dire, aggiunge il prodiano Sandro Gozi, «che il partito arriverebbe al capolinea».
Sono prese di posizione che riaprono le vecchie ferite nel gruppo del Pd al Senato dopo che la mini-pattuglia guidata da Laura Puppato aveva votato in dissenso dal gruppo sulla mozione di sfiducia contro Alfano, presentata da Sel e Cinquestelle. «Mi dispiace che questi sospetti li abbia ripresi Casson, che è una persona seria. Ma questo è puro cripto-grillismo. Questa è gente che sputa contro di noi», dice Stefano Esposito. Un fiume in piena, il senatore torinese del Pd. «Io adesso torno a chiedere al capogruppo Zanda che venga tutelata da questi attacchi l’onorabilità mia e dei miei colleghi. Perché sono sicuro che neanche un voto del Pd finirà nel segreto dell’urna per favorire Berlusconi. Mi ci gioco una mano. Anzi, se succede, mi gioco la mia, di decadenza da senatore».
Tommaso Labate


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