Tra i profughi sbarcati a Siracusa “La nostra Siria non ha più futuro”

Loading

Li riconosci subito i siriani che sbarcano sulle coste della Sicilia orientale: molte famiglie, tante donne con il volto e la testa coperti dal velo, e bambini, abiti puliti, fisicamente ben messi, zaini in spalla, quasi tutti con pc, cellulari e passaporto. Molti parlano inglese: sono quasi tutti professionisti, diplomati, laureati, sicuramente gente dal livello sociale e culturale superiore rispetto ai migranti del Maghreb o dell’Africa subsahariana
che sbarcano in Sicilia provati da un viaggio spesso lungo anni e costellato da stenti e prigionia. I 520 profughi siriani approdati a Siracusa in 24 ore, invece, sono fuggiti dalla loro terra da pochi giorni, al massimo settimane, lasciando case, lavoro, professione, averi, familiari. Per salvare la vita e i figli dalle bombe e dalla spietata violenza dei miliziani e ora anche dalle armi chimiche. «Da noi non c’è più futuro», dicono.
Nell’ultimo barcone recuperato la scorsa notte dagli uomini della Guardia costiera di Siracusa erano in 81 e tra questi due donne e tre bambini, il più piccolo dei quali di pochi mesi. Dopo la piccolissima Nahda, la bimba partorita durante il viaggio da una giovanissima mamma partita insieme al marito e ad un altro figlio di tre anni, ieri tutte le attenzioni so-
state per Amir, sei mesi. Ma questa volta i siriani erano pochi, quindici, appartenenti a due nuclei familiari: due giovani coppie con i fratelli e i figli. Tutti gli altri, adolescenti o poco più, erano egiziani. «Adesso che dalla Siria arrivano in tanti, gli egiziani tentano di spacciarsi per profughi di guerra, ma a noi basta uno sguardo per riconoscerli», dice il comandante della Capitaneria di porto Luca Sancilio che da giorni, con i suoi uomini ed i volontari di Croce
Rossa, Protezione civile, Emergency e con gli uomini delle forze dell’ordine, troppo pochi per affrontare l’emergenza, lavora notte e giorno senza soluzione di continuità. «In due giorni ne sono sbarcati 700 e crediamo di essere solo all’inizio — aggiunge — tutti ci fanno i complimenti per il nostro lavoro, tutti vengono a vedere di cosa abbiamo bisogno, ma poi nessuno fa niente».
Da Palazzo Vermexio, il sindaco Gianfranco Garozzo rilancia il suo appello: «Ho scritto a Letta, ad Alfano, nessuno mi ha risposto. Siamo in una situazione di emergenza, chiediamo il controllo del mare, risorse economiche e umane, un ospedale da campo. Non abbiamo neanche dove mettere queste persone. Rischiamo di perdere il controllo della situazione ».


Related Articles

Le politiche di accoglienza dei migranti a Riace e gli insulti di Salvini al sindaco Lucano

Loading

Calabria. E intanto sono due anni che il Comune deve ricevere fondi che gli spettano, rischiando il dissesto secondo quello che sembra un piano preordinato

Guerra alla droga. In Bangladesh, azioni «alla Duterte», almeno 100 uccisi dalla polizia

Loading

Bangladesh. Il governo difende la polizia: «Hanno ucciso spacciatori che hanno reagito agli arresti»

Da Lampedusa a Calais e Ventimiglia le città di frontiera si alleano sui migranti

Loading

Una rete dell’accoglienza ai profughi promossa dai comuni in prima linea. Che hanno firmato un patto di reciproca assistenza

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment