Fuga dalla Siria, arrivano in 400

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NAPOLI. Sono almeno 400 i rifugiati arrivati sulle coste della Sicilia nelle ultime 48 ore. Tre sbarchi, due a Siracusa solo nella mattina di ieri, raccontano il dramma della tragedia siriana. Sono infatti in prevalenza siriani, moltissime donne e bambini, che su diverse carrette del mare hanno tentato la traversata sperando di salvarsi dalla guerra. 150 solo martedì si sono arenati con un peschereccio sulla costa di punta Milocca, sono riusciti a scendere con un approdo di fortuna e quindi rintracciati dalle autorità locali sono stati poi presi incarico dai soccorritori. Ieri, invece, prima in 191 sono stati tratti in salvo da un barcone dove una donna ha anche partorito un bimbo durante il viaggio estenuante durato dieci giorni. Stanchi, disidratati e con la paura ancora negli occhi devono il loro salvataggio a un aereo della marina militare partito da Sigonella che ha visto quella navicella in balia delle onde e ha lanciato l’allarme. Il neonato di quattro giorni è stato subito trasferito all’ospedale Umberto I ed ora è in buone condizioni. Fortunati, se così si può definirli, anche i profughi di un altro barcone salvati quasi per miracolo e per strane coincidenze del destino in una collaborazione tra Libano, Napoli e Sicilia.
Il primo sos è, infatti, arrivato dal campo di Borghi Shama. Da Olga Ambrosino, volontaria dell’Ulaia, associazione no profit che assiste i bambini in Libano. Olga sapeva che telefonare in Italia e far presente dell’emergenza era più di un tentativo, forse l’unica possibilità per salvare la vita di almeno 160 persone alla deriva da giorni nelle acque del Mediterraneo, lontane miglia dalle coste siracusane in balia della burrasca, con un mezzo che poteva ribaltarsi a ogni secondo. Così ha chiamato a Napoli Jamal Quadorah, una persona di fiducia che, come è avvenuto, poteva dare il via agli aiuti.
«Erano più o meno le 7.50 – racconta Quadorah, che è il responsabile internazionale della Cgil Campania – e dal tono di Olga ho capito che non potevamo perdere nemmeno un secondo». La volontaria dell’Ulaia era stata infatti a sua volta raggiunta al cellulare da Mohamed Miaich, siriano che con la moglie e tre bambini piccoli si era avventurato su quell’imbarcazione pur di fuggire ai bombardamenti. Al telefono con la Ambrosino aveva pianto e pregato di fare presto, senza riuscire a dare le coordinate esatte della loro posizione, sapendo solo di navigare da giorni. «Gridava ho paura, moriremo tutti, ci ribaltiamo, me lo diceva a singhiozzi in arabo, – racconta Quadorah – ma la comunicazione era cattiva stentavo a comprendere dove si trovavano. Alla fine a stento ho capito che erano almeno 160 persone, decine di donne e bambini piccoli, che nessuno sapeva nuotare. La situazione era disperata». Il rappresentante della Cgil a questo punto ha contattato la Capitaneria di Porto: «Sono stato sorpreso, e ci tengo a sottolinearlo, dalla loro tempestività e anche capacità di mettersi all’opera. Dopo poco i naufraghi sono stati individuati benché vi fossero in mare circa 30 imbarcazioni e a causa delle cattive condizioni del mare c’era scarsa visibilità. Nel frattempo io provavo a richiamare Miaich, ma non c’era più segnale. Cosa che, devo ammetterlo, mi ha fatto angosciare. Invece alle 11 è arrivato un sms dell’Unhcr che ci informava come tutti fossero stati portati al porto grande di Siracusa». Si saprà dopo che i primi soccorsi sono stati forniti dal perschereccio «Nunzia» a circa 12 miglia da Capo Murro di Portco e poi è arrivata la Capitaneria a scortare i rifugiati.
Un lieto fine, che non era scontato, e fa crescere l’ansia per i nuovi arrivi che non tarderanno. Anzi secondo Qadorah saranno sempre di più: «Proprio Olga mi ha detto che sono migliaia i profughi siriani ammassati sui confini in Libano, ma il governo non li lascia passare, c’è una confusione totale, alle frontiere sono accampati come bestie e chiaro che poi sono pronti a tutto pur di fuggire. Anche a mettersi in mano ai banditi».
Ora si spera solo che per quelli scampati alla traversata non si apra il solito calvario delle procedure per ricevere accoglienza nel nostro paese: «L’Italia non è attrezzata dal punto di vista della legislazione, sull’asilo politico è sempre una via crucis burocratica. D’altra parte – dice il sindacalista – noi dovremmo essere pronti a far fronte alle emergenze del Nord Africa e del Medioriente, rinnegando un certo leghismo culturale e mettendo in atto le convenzioni internazionali. E’ vero che Lampedusa e la Sicilia sono le porte dell’Europa e devono sopportare il peso dell’accoglienza, per questo il governo deve essere in grado di fornire sostegno adeguato , ma anche dare risposta a chi arriva».


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