Medici e infermieri, una catena di errori in un anno 30mila denunce per danni

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FIRENZE — La pinza dimenticata nell’addome del malato ricoverato: sembra uno stereotipo della malasanità ma è un errore che viene ancora commesso negli ospedali italiani. Oltre l’8% delle segnalazioni di “eventi avversi” inviate dalle Regioni al ministero riguarda proprio il caso di «strumento o altro materiale lasciato nel sito chirurgico ». Ci vuole attenzione per evitarlo, bisogna che medici e infermieri contino le garze e i bisturi prima e dopo l’intervento, per essere sicuri che non manchi niente. Altrimenti il paziente rischia danni seri e l’ospedale una richiesta di danni milionaria. Sono circa 30mila quelle avanzate alle assicurazioni nel 2011, l’ultimo anno per cui ci sono dati Ania (Associazione nazionale tra le imprese assicuratrici) disponibili. E bisogna tenere conto che già allora alcune Regioni avevano deciso di fare da sole, “autoassicurandosi”. Quindi le denunce sono sicuramente di più.
Sempre restando alla chirurgia: il 7% degli errori riguarda interventi sbagliati. Nulla rispetto alla bestia nera degli ospedali italiani, che ha a che fare con l’assistenza ma non con un atto medico. Si tratta della caduta. Finiscono in terra e si fratturano i ricoverati, ma anche i loro parenti. Nessun altro incidente in corsia è così diffuso tra quelli che provocano lesioni o addirittura la morte dei pazienti. Per avere un’idea: l’errore trasfusionale, come quello che avrebbe provocato la morte del paziente di Grosseto, rappresenta appena il 3,9% degli sbagli segnalati dalle Regioni.
Al secondo posto della triste classifica dei motivi per cui in ospedale ci si fa male oppure ci si ammala (con il 14% delle segnalazioni),
c’è un’ampia categoria di problemi di cui fanno parte anche le infezioni ospedaliere. A molti può apparire strano, ma le strutture sanitarie sono luoghi dove è molto facile prendersi un batterio, o un virus, che può anche uccidere. In Italia, secondo una ricerca recente dell’Ecdc (il Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie), le infezioni colpiscono il 6,3% dei ricoverati, cioè 630mila persone all’anno. Ovviamente non sempre si tratta di problemi che portano danni gravi o addirittura la morte però sono molti i casi di malattie difficili da affrontare e che richiedono lunghe convalescenze.
Secondo i dati degli epidemiologi, circa l’1% di chi viene colpito muore, cioè 6.300 persone. Ebbene, stando a quanto sostenuto dall’Istituto superiore di sanità, un quarto di tutti i casi si può prevenire adottando misure di cautela, soprattutto igieniche. Se lo si facesse si potrebbero evitare oltre 1.500 morti ogni anno. «Dallo studio europeo — sostiene Maria Luisa Moro, esperta di infezioni ospedaliere dell’Istituto superiore di sanità — emerge il problema dell’igiene delle mani, una pratica non ancora corrente in tutti gli ospedali italiani».
E in Italia c’è un altro problema importante che ha a che fare con le infezioni ospedaliere. Ci sono spesso difficoltà a combatterle perché l’uso inappropriato di antibiotici ha fatto sviluppare resistenze nei batteri. «Ci sono problemi — dice sempre Moro — con escherichia coli, klebsiella pneumoniae, pseudomonas e staphylococcus aureus». Chi si ammala in ospedale, più spesso (in circa un quarto dei casi) viene colpito da infezioni respiratorie. Seguono quelle urinarie e le infezioni chirurgiche.


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