Per una cultura della pace: il servizio civile universale

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Ancora una volta è una questione di mentalità. Ascoltiamo esterrefatti il ministro della difesa Mauro, intervenuto al meeting di Rimini lo scorso 21 agosto , esaltare l’esercito non solo come una delle migliori (e più popolari!) istituzioni ma pure come una palestra di valori quali la dedizione, l’altruismo, il desiderio di pace. Per interporsi a due litiganti non bisogna essere mingherlini ma avere i muscoli – ha detto il ministro – e quindi, aggiungiamo noi, occorre munirsi degli F35 a sollevamento verticale. L’emblema della nostra propensione alle “missioni di pace” sarebbe l’Afghanistan: come al solito la reale situazione sul campo non viene nemmeno sfiorata, preferendo aggrapparsi a singoli atti di generosità dei nostri soldati che in realtà sono gocce perdute nell’oceano di una missione fallita. Nota il coordinatore di Pax Christi Renato Sacco (riferendosi tra l’altro a queste parole del ministro: “Noi abbiamo contribuito in 10 anni di Isaf a restituire all’Afghanistan la propria libertà e la propria dignità”): “Ma perché il Ministro non accetta un confronto aperto su questo tema e sulle spese militari? Perché ‘spara’ solo sentenze e ‘prediche’ ricordando che al centro c’è la persona umana e non accetta di confrontarsi con chi non la pensa come lui?

E sul sito del ministero della Difesa si legge: “Allo stand della Marina Militare, ha potuto conoscere da vicino, attraverso modellini in scala e mostre, alcune Unità navali, come la portaerei Cavour. Lo spazio espositivo al Meeting, preso d’assalto dai visitatori, rimarrà aperto fino al 24 agosto prossimo, secondo gli orari dell’evento”. Credo che una spiegazione ci sia: tra i principali sponsor del Meeting di Rimini c’è Finmeccanica, la holding italiana, ottava azienda mondiale nella produzione di sistemi militari che ha esportato armamenti verso tutti i maggiori teatri di guerra dalla Siria alla Libia, da Israele all’Egitto”.

Lo sguardo truce di Mauro si appunta poi su quanti mettono in contrapposizione gli uomini in divisa con gli operatori sociali e con chi preferisce l’abito civile alla mimetica. Seguendo l’antica tradizione democristiana il ministro sostiene che tutto può essere armonizzato in una sintesi globale dove però sono le forze armate che devono essere per prime sostenute e potenziate. Il resto, forse, dopo, se ci sono i soldi.

Occorre superare la retorica militarista. Puntando su una nuova idea di difesa che abbia come cardine il servizio civile. Lo fa notare Vita.it, da anni protagonista di varie campagne in favore del servizio civile, prendendo spunto dalle Linee guida per la formazione generale dei giovani in servizio civile nazionale emanate il 19 luglio scorso con decreto del capo del Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale, Paola Paduano. “Si tratta di un documento importante – sottolinea il sito – che, innovando le precedenti “linee guida”, fa uno sforzo culturale per ribadire e consolidare l’identità del servizio civile in quanto “istituzione deputata alla difesa della Patria intesa come dovere di salvaguardia e promozione dei valori costituzionali fondanti la comunità dei consociati e, quindi, di difesa della Repubblica e delle sue istituzioni, così come disegnate ed articolate nella Costituzione”. Con l’aria bellicista che tira dalle parti del Ministero della difesa, quest’idea di difesa della Patria – “da interpretare in senso moderno, libero da retoriche del passato” (come sottolinea lo stesso documento ndr) – non è affatto scontata, tutt’altro”.

Qualcuno sembra aver preso sul serio queste parole. La Provincia Autonoma di Trento, primo ente pubblico in Italia, ha adottato una norma che prevede il servizio civile universale. Spiega il suo funzionamento Giorgio Lunelli, il consigliere provinciale che si è battuto maggiormente per l’approvazione della legge: le direttrici principali del provvedimento “Sono quattro. La prima e più importante è l’universalità. Il Servizio Civile è un diritto dei giovani. La seconda viene naturale perché se è un diritto tutti possono fare richiesta e questo pone un problema di sostenibilità economica. Così abbiamo pensato ad un patto tra pubblico e privato. Gli enti possono farsi carico di progetti che promuovono. Così per la prima volta in Italia il SC viene promosso anche dai privati. La PA sostiene le spese di assicurazione e previdenza, il privato si occupa invece della diaria, i 430 euro al mese. La terza questione è la durata. Abbiamo pensato che un anno fosse troppo vincolante. Così abbiamo reso possibile la scelta di periodi anche molto brevi. Anche solo 4 mesi. Infine abbiamo pensato che fosse necessario che le esperienze di SC dovessero avere un riconoscimento certificato del lavoro svolto. La Provincia potrà certificare le competenze acquisite con il servizio”.

Una buona notizia dunque. Speriamo che altre regioni seguano l’esempio del Trentino e che pure si svegli la politica nazionale. Ma per questo dobbiamo aspettare che certi ministri si tolgano la mimetica.

Piergiorgio Cattani


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