Quanti Canadair in cambio di un F-35?

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CAGLIARI. Ottomila ettari di pascoli e di bosco ridotti in cenere, quattro feriti di cui uno gravissimo, in coma. Giovedì e venerdì in Sardegna sono stati un inferno, e il bilancio è pesantissimo. Ma il fatto più sconcertante è che a fronteggiare le fiamme, su un fronte amplissimo che aveva come epicentro il comune di Laconi, nella Sardegna centrale, c’erano soltanto, insieme con i pastori e i contadini che difendevano le loro piccole aziende, le sparute squadre di soccorso della Guardia forestale, un corpo gestito dalla Regione. In cielo, per tutta la giornata di giovedì, un solo Canadair. E si sa che contro incendi così vasti sono gli aerei che possono davvero qualcosa.
Perché un solo Canadair? Perché in regime di spending review il governo ha deciso di ridurre da quattro a due la dotazione di velivoli anti incendio assegnati alla Sardegna. E il secondo, quando il fuoco ha cominciato a divorare tutto, non si è potuto levare in volo perché stava facendo manutenzione. Soltanto venerdì, quando s’è visto che la situazione era drammatica, da Ciampino, dalla Liguria e dalla Sicilia sono arrivati tre Canadair. Ma a quel punto il danno era già irreparabile. E la polemica è divampata altrettanto violenta delle fiamme. «Ora il governo, se ce ne fosse ancora bisogno, sa di che aerei in Sardegna c’è bisogno», ha detto il presidente della Regione, Ugo Cappellacci (Pdl). «Rinunciando all’acquisto di un F35 – ha aggiunto Mauro Pili, ex presidente della Regione, sempre Pdl) – si potevano comprare otto Canadair». Ed è verissimo. Ma nessuno ricorda che Cappellacci e Pili abbiano mai detto niente contro l’acquisto degli F5 prima di oggi. Più che opportuna quindi la puntualizzazione di Michele Piras, segretario regionale di Sel: «Vorrei sapere da chi ha sostenuto il governo Monti e poi l’attuale governo, che hanno confermato entrambi il programma di acquisto degli F35, quando chiederanno scusa ai sardi per il danno che hanno procurato sottraendo risorse e mezzi, riducendo la flotta dei Canadair, lasciando la strada spianata e le vite delle persone esposte alla devastazione del territorio». Concetto rafforzato da Niki Vendola su Twitter: «L’idea che l’Italia possa allegramente spendere svariati miliardi di euro per l’acquisto dei cacciabombardieri F35 mentre la Sardegna e altre parti del Paese bruciano, resta un paradosso e uno scandalo».
E proprio mentre i boschi bruciavano e le polemiche crescevano, con gli abitanti di Laconi che a Cappellacci in visita nel loro paese riservavano una dura contestazione, il ministro della Difesa era in visita in Sardegna. Agli attacchi contro l’acquisto degli F35 così ha risposto Mario Mauro: «Se tolgo un F35 è chiaro che, sul piano della pura logica, posso fare un asilo, una scuola, un ospedale, acquistare un aereo antincendi. Ma potremo anche rovesciare l’onere della prova. Il programma F35 è partito vent’anni fa, dovevano essere centocinquanta aerei, oggi siamo arrivati ipoteticamente a novanta. Con i sessanta tagliati, quante scuole, quanti asili e quanti Canadair sono stati comprati?».
Probabilmente nessuno, è la risposta. Ma questo casomai aggrava il fatto che ci si ostini ad acquistare gli F35 mentre si tagliano, tra le altre cose, anche i Canadair. Il fatto, piuttosto, è che per Mauro gli obiettivi che contano sono altri rispetto alla tutela delle vite umane, della sopravvivenza delle aziende agricole messe in ginocchio dalle fiamme e dell’ambiente. Mentre l’inferno di fuoco devastava migliaia di ettari da Laconi sino a Ghilarza, il ministro della Difesa in visita a Cagliari ha confermato la centralità della Sardegna nel sistema difensivo nazionale e della Nato e ha ribadito che di chiudere le basi di Quirra e di Teulada non se ne parla nemmeno.
Gli incendi hanno distrutto in due giorni ottomila ettari di territorio; le servitù militari occupano stabilmente e inquinano (una forma di devastazione più grave persino di quella causata dal fuoco) trentacinque mila ettari. Mauro ha annunciato una conferenza nazionale che la Difesa sta organizzando per giugno del 2014 con una tappa a Cagliari. Il poligono del Salto di Quirra è oggetto dal gennaio 2011 di un’inchiesta della procura di Lanusei per disastro ambientale. Attualmente il procedimento è aperto davanti al gup, che deve pronunciarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio di venti indagati, fra militari e civili. Ma nella prospettiva tracciata dal ministro durante la sua visita a Cagliari resta fondamentale, più che Quirra, il poligono di Capo Teulada, definito un «unicum in Italia per la possibilità di attività congiunte di aeronautica, marina ed esercito». A dicembre 2012 la Difesa aveva stanziato 75 milioni di euro per le bonifiche nel poligono di Quirra, ma il ministro, pur confermando la cifra, ha spiegato che il bilancio del suo dicastero probabilmente andrà incontro a nuovi tagli. A maggio 2012, nella scorsa legislatura, la commissione del Senato sull’uranio impoverito aveva disegnato, nella sua relazione conclusiva, uno scenario molto diverso da quello che si intravvede dalle dichiarazioni rese a Cagliari da Mauro: i poligoni di Capo Teulada e di Capo Frasca avrebbero dovuto interrompere l’attività, mentre a Quirra le bonifiche avrebbero dovuto trasformare la base in un centro di ricerca tecnologico-scientifico, con divieto, raccomandava la commissione, di «tutte le attività suscettibili di produrre grave pregiudizio alla salute e all’ambiente».
In Sardegna esiste un enorme problema di governo del territorio, articolato su tre fronti: impatto delle attività turistiche sulle coste, servitù militari, rischio incendi nella zone interne, dove ancora le attività economiche più tradizionali (allevamento e agricoltura) hanno un peso rilevante. Tre questioni che andrebbero affrontate in un’ottica unitaria di tutela dell’ambiente, di sviluppo economico compatibile e di cancellazione dei vincoli militari. Niente di tutto questo è all’orizzonte. Nella primavera del prossimo anno ci saranno le elezioni regionali. Scorrete le cronache politiche dei giornali sardi di queste settimane e vedrete che si parla d’altro, della lotta tra correnti Pdl e correnti Pd per la scelta del candidato governatore. Mentre l’isola brucia.


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