Siria, il Parlamento dice no a Cameron gli Usa: pronti a colpire anche da soli

by Sergio Segio | 30 Agosto 2013 6:52

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NEW YORK — Il Parlamento inglese questa volta non ci sta, le ferite delle bugie sull’Iraq sono ancora troppo recenti, le domande senza risposta sulla Siria troppo numerose e i rischi troppo grandi, così arriva il voto contrario 285 contro 272 che dice no alla mozione presentata dal governo per ottenere un via libera all’intervento. Un colpo durissimo per il primo ministro David Cameron che si affretta a dichiarare: «Mi è chiaro che la Camera e il popolo britannico sono contro un’azione militare e io mi atterrò alla loro decisione». Per Washington un «vero tradimento», come lo definiscono alcuni diplomatici, uno stop inaspettato che ingarbuglia ancora di più i piani di Obama, sempre più isolato sulla linea del fronte. La reazione non si fa attendere, New York Times e Cnn, rivelano che il presidente americano avrebbe deciso di agire anche da solo, senza la copertura delle Nazioni Unite e con un’alleanza ormai striminzita. La convinzione della Casa Bianca, spiegano le fonti, è che non si può più tornare indietro: «Assad va fermato anche con un intervento unilaterale». Lo fa capire su Twitter pure l’ambasciatrice all’Onu Samantha Power: «Stiamo valutando una reazione appropriata, il regime siriano deve essere messo davanti alle sue responsabilità». Lo scrive subito dopo la fine della riunione lampo dei cinque membri permanenti del Consiglio voluta ieri dalla Russia. La seduta dura solo 45 minuti, il tempo necessario per avere la conferma che non c’è alcuno spazio di manovra, nessuna intesa è possibile: «Le posizioni sono lontanissime, non c’è un’agenda comune, un testo condiviso», conferma alla Cnn un inviato della delegazione Usa. Laconico il commento ufficiale della Casa Bianca: «Continueremo a consultarci con Londra, ma il presidente deciderà in base agli interessi americani ». Partiranno dunque «interventi mirati e brevi» e la finestra temporale si apre tra domani e lunedì, prima dell’inizio del G20 russo.
È la conclusione di una giornata segnata da un grande agitazione diplomatica con i telefoni surriscaldati. Obama supera le cento chiamate, l’ultima ad Angela Merkel, che a sua volta si sente con Francois Hollande (che vede Emma Bonino), Vladimir Putin e David Cameron. Il fronte pacifista (Russia, Cina, Germania e Italia) guadagna terreno e incassa la prudenza della Francia piccole mosse sullo scacchiere.
Nel pomeriggio Cameron prova a convincere i laburisti che sono contrari. Il suo governo presenta un documento dove spiega che ci sono «prove convincenti che inchiodano Assad ai massacri con il gas contro i civili ». Poi il premier dice in aula: «Le colpe del regime sono sotto i nostri occhi, anche se non c’è la certezza al 100%». Inutile anche giocare allo scoperto la carta irachena: «Non possiamo farci paralizzare dagli errori del passato, questa volta la situazione è diversa». Il voto alla fine cancella tutte le sue parole.
Pesano l’assenza di prove «schiaccianti » con l’ennesimo rinvio della presentazione del dossier americano a confermare che qualche problema
c’è. «Lo pubblicheremo entro il fine settimana. Abbiamo molte informazioni che indicano la chiara e innegabile responsabilità dei lealisti», dice la Casa Bianca che informa i vertici del Congresso. Secondo le indiscrezioni della stampa Usa però non c’è la “slam dunk”, ovvero la schiacciata vincente della pallacanestro, come la chiamò nel 2002 l’allora capo della Cia George Tenet. Le conversazioni telefoniche intercettate grazie all’intelligence israeliana, sono di personaggi in basso nella scala gerarchica. Soprattutto i servizi alleati non sono in grado negli ultimi mesi di ottenere notizie affidabili dal terreno dove la rete di informatori è sempre più sfilacciata. Da qui la difficoltà di capire dove sono i magazzini con le armi chimiche e di stabilire con esattezza
la catena di comando: è stato Assad a dare il via libera o frange estreme dei lealisti? Magari proprio per attirare l’Occidente in una trappola.
Tutti aspettano la relazione degli ispettoridell’Onu,cherientrerannoa New York in anticipo e già domani incontreranno Ban Ki Moon, anche se poi serviranno alcuni giorni per le conclusioni ufficiali perché bisognerà aspettare l’esito degli esami di laboratorio. Tempo che sembra non esserci.DavantiallaSiriaormaic’èun traffico bellicoso: oltre alle navi americane, sono in arrivo forze francesi e russe. Turchia e Israele mettono in allerta le loro batterie missilistiche. Assad fa sapere: «Ci aspetta uno scontro storico da cui usciremo vincitori e più forti di prima».

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