Tensione sulla legge elettorale. E il Pd si divide

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ROMA — Sulla legge elettorale arriva lo stop del capogruppo pdl al Senato Renato Schifani. Ed è un «no» alla riforma chiesta dal premier Enrico Letta che considera il cambiamento del Porcellum l’unica «uscita di sicurezza» in caso di elezioni anticipate. Schifani allontana bruscamente le prospettive di un’intesa: «Non ci sono margini di avvicinamento tra Pdl e Pd, la riforma non è urgente», dice l’ex presidente del Senato distinguendo tra l’urgenza di Letta di recepire le osservazioni avanzate dalla Consulta e quella, ben più politica, di incassare la riforma prima di un’eventuale tempesta autunnale sul governo.
Il quadro poi è complicato da una polemica tutta interna al Pd. Perché nel frattempo il disegno di legge di riforma è stato incardinato al Senato. E il renziano Roberto Giachetti, vicepresidente della Camera, ha accusato il presidente della Commissione affari costituzionali del Senato Anna Finocchiaro: «Ha scippato la riforma alla Camera, vuole l’intesa con il Pdl. Invece alla Camera c’è la maggioranza per tornare al Mattarellum». Gli altri deputati renziani sono scesi in campo a fianco di Giachetti. «Il segretario Epifani convochi immediatamente i gruppi parlamentari per chiarire definitivamente quale sarà il percorso di avvio della riforma elettorale», hanno chiesto Michele Anzaldi, Ernesto Magorno, David Ermini, Federico Gelli e Lorenza Bonaccorsi. «Se fosse vero, come diffuso dalle agenzie di stampa, che l’avvio della riforma è stato spostato al Senato, sarebbe davvero grave dal punto di vista istituzionale ma anche inspiegabile per gli italiani: infatti, i numeri del Senato metterebbero a rischio la riforma sin dal suo avvio, suscitando il dubbio e il sospetto che anche questa volta non si abbia alcun vero interesse a cambiare la legge elettorale», hanno ammonito. «Sarebbe uno schiaffo a tutti gli italiani da parte delle forze politiche che a parole dichiarano l’urgenza della riforma, ma nei fatti si comportano in maniera totalmente diversa», hanno insistito. L’80% dei partecipanti alla domanda del giorno di Sky Tg24 (anche se non esprime l’opinione di un campione statistico) ritiene che la legge elettorale sia il cambiamento più urgente. Il 20% dei votanti, invece, non condivide la posizione del premer Letta.
La Finocchiaro ha replicato a Schifani ricordando «agli esponenti del Pdl e a tutte le forze politiche che il Senato ha votato la procedura d’urgenza per la discussione sulla legge elettorale che deve sostituire il Porcellum. Su questo tema non si può più traccheggiare». «Io credo — avverte — che serva responsabilità di fronte agli italiani. Tutti hanno detto che è necessario cambiare il Porcellum. Noi sosteniamo che la legge vigente vada cancellata. Vedo che nel Pdl c’è chi frena e parla di correzioni e chi dice che non c’è fretta. Io penso invece che sia urgente per il Paese».
Giachetti ha però ribadito: «Se devo guardare alla libertà del Parlamento con una maggioranza ampia, mi pare ci sia più sul Mattarellum che su correzioni al Porcellum».
Ma che il Mattarellum possa garantire stabilità viene messo in dubbio dal centrodestra: «Berlusconi vinse le elezioni del 1994 con il Mattarellum, e tuttavia ebbe 4 voti in meno al Senato. Poi ci fu un soccorso, ma la sua maggioranza durò solo qualche mese», ha dichiarato il senatore del Pdl Donato Bruno. «Noi dobbiamo trovare un sistema che ci può consentire di andare alle urne con la possibilità di avere maggioranze congrue sia alla Camera che al Senato», ha aggiunto.
E che il Mattarellum non sia una panacea lo ha ribadito, Pino Pisicchio, presidente del Gruppo misto della Camera. «Il Mattarellum, basandosi su un collegio uninominale, va a scontrarsi con la riforma costituzionale dell’articolo 51 della Costituzione del 2003 che obbliga alla par condicio di genere, cioè che l’elettore possa scegliere tra candidati uomini e candidate donne. II nuovo articolo 51 obbliga necessariamente a esprimere delle preferenze».
M.Antonietta Calabrò


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Per gli storici e per la storia bastava la sentenza della Cassazione del 1° agosto 2013 a certificare ufficialmente, oggi e per le generazioni future, che Berlusconi è un criminale. La sua decadenza da senatore – salvo sortite suicide in aula dei parlamentari Pd – taglia ora profondamente nella carne della politica, tanto dei suoi alleati che dei suoi avversari.

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