«Pronti a colpire» Ma l’intervento scivola dopo il 9 settembre

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WASHINGTON — Riecco il temporeggiatore. Tutti si aspettavano l’ok per l’attacco alla Siria, invece Barack Obama ha preso tempo. Anche parecchio. Pur non disarmando l’apparato militare messo in campo, il presidente ha deciso di consultare il Congresso: agirà solo se ci sarà un consenso. E tutto questo non potrà avvenire prima del 9 settembre, perché i parlamentari sono in vacanza e non è previsto che la interrompano. Se si aggiunge poi che il 17 c’è l’assemblea generale dell’Onu è possibile che l’eventuale raid non sia troppo vicino. In mezzo c’è il summit del G20, in programma tra qualche giorno in Russia, dove il presidente intende portare la questione per strappare un sostegno.
Obama, parlando dal Giardino delle rose alla Casa Bianca, ha ridefinito il percorso di questa crisi tormentata. «Ho deciso la risposta (sulla Siria) — ha esordito — L’ordine può arrivare domani, tra una settimana, entro un mese». Ma prima di darlo, Obama vuole che il Congresso discuta e si esprima con un voto autorizzando o meno un’operazione militare che la maggioranza del Paese non vuole. Lo ha riconosciuto lo stesso presidente dicendo che gli americani «non amano la guerra» ma «non si può chiudere gli occhi su quanto è avvenuto a Damasco». Un confronto non facile. Con posizioni trasversali, dove si fronteggiano congressisti contrari all’opzione armata e gli interventisti guidati dal repubblicano John McCain. Vedute differenti emerse nelle consultazioni svoltesi nelle ultime 48 ore tra i parlamentari e la Casa Bianca. E posizioni contrastanti anche all’interno del team Obama, con i consiglieri per la sicurezza nazionale per nulla compatti.
Il cambio di programma avrà reso felice Vladimir Putin che, poche ore prima, aveva esortato Obama non prendere decisioni affrettate. «Mi rivolgo al premio Nobel per la pace e non al presidente» ha detto con una punta di ironia il leader russo che ha definito «senza senso» le accuse alla Siria per l’uso dei gas. Gli Usa, per il Cremlino, dovrebbero mostrare le prove all’Onu. Anche se le Nazioni Unite non brillano per rapidità. Gli ispettori hanno lasciato la Siria e hanno raggiunto l’Olanda portandosi dietro i campioni prelevati nelle zone teatro dell’attacco con i gas. Ci vorranno 2-3 settimane almeno per stabilire se davvero sono state impiegate armi chimiche.
Commenti contenuti da parte della Francia. Il presidente Hollande ha detto di rispettare l’agenda americana ed è convinto che alla fine la punizione per Assad arriverà. Impegno rinnovato dal segretario di Stato Kerry all’opposizione siriana.
Il rallentamento imposto di Obama deve aver poi lasciato sconcertati gli avversari. La tv siriana — fatto raro — ha mandato in diretta il discorso dopo una giornata di proclami alla lotta, marce militari e immagini di soldati. «Abbiamo il dito sul grilletto. L’esercito è pronto a qualsiasi sfida», ha affermato il premier Wael al Halqi. Nelle strade di Damasco controlli e vita normale con i negozi affollati. Nella capitale è anche arrivata una delegazione di alto livello iraniana preceduta dai moniti bellicosi di Teheran sulla «conseguenze catastrofiche» e le possibilità di ritorsione contro l’asse Usa-Israele. Ora i propagandisti con il turbante potranno prendersi una pausa. Obama lo ha già fatto. Nel primo pomeriggio ha lasciato la Casa Bianca ed è andato a giocare a golf con il vice Biden.
Guido Olimpio


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