Delusione Brics, instabili come un «G zero»

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CERNOBBIO — La crisi dei Brics, i paesi catalogati come emergenti, non dipende solo dal rallentamento delle loro economie ma dalla mancanza di «capitale politico». A esporre questa tesi al workshop Ambrosetti è stato il politologo americano Ian Bremmer che l’ha argomentata così: «Eravamo tutti felici che i Brics esistessero e che ci fosse un nuovo motore della crescita globale. Purtroppo si è visto che un mondo trainato dai Brics è più instabile e volatile di quello di prima perché le loro istituzioni politiche si sono rivelate meno solide delle nostre». In diversi di quei Paesi non esiste lo stato di diritto, non c’è una vera democrazia e neanche una genuina libertà del mercato. La conseguenza è che realtà importanti come sono il Brasile, la Cina, la Russia e l’India che non condividono i valori occidentali non hanno però la stessa capacità di assolvere un ruolo di stabilità internazionale. E il rischio che si corre è di passare dal G20 al G zero, alla totale mancanza di governance geopolitica. «Oggi possiamo dire che non esiste una comunità internazionale e siamo entrati di conseguenza in un fase di profondo disequilibrio» ha aggiunto Bremmer.
Ad aggravare la situazione, secondo il politologo, c’è «la distrazione dei tradizionali alleati degli Usa» tutti concentrati sulla risoluzione delle questioni nazionali e così si deve annotare come il coordinamento della politica economica mondiale non sia il principale interesse di Barack Obama né tantomeno degli elettori americani. «Washington non vuole su di sé il ruolo di prestatore di ultima istanza». È vero che si guarda da parte di tutti con grande attenzione alle classi medie dei paesi emergenti perché compreranno scarpe, cellulari e altri beni di consumo ma i Brics non hanno per ora il capitale politico per rispondere alle esigenze di una massa di persone più istruite e più urbanizzate. «I telefoni cellulari non producono il liberalismo» ha scandito Bremmer. E se negli Stati Uniti il governo non funziona l’impatto sull’economia è tutto sommato relativo ma se accade in India è un disastro.
Bremmer ha analizzato poi più in dettaglio la situazione cinese, «Paese che vale più degli altri Brics messi assieme». Il leader è molto popolare anche se nessuno lo ha eletto direttamente ed è impegnato «in grandi riforme del sistema ma da dentro» senza prevederne una fuoriuscita. Il guaio però è che l’attenzione alla Cina non è il focus degli interessi di Obama e anche il Paese europeo più in salute, la Germania, si guarda bene dal condividere con Washington una politica comune verso la Cina.
Dario Di Vico


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