«La politica ha prevalso sulle norme» In 33 pagine la strategia dell’ex premier

by Sergio Segio | 8 Settembre 2013 6:30

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È un documento di 33 pagine e 14 allegati, fra i quali la sentenza della Cassazione del primo agosto scorso, la sentenza della Corte d’appello di Milano dell’8 maggio, quella del Tribunale di Milano del 26 ottobre 2012. Eppoi l’ordine di carcerazione e la conseguente sospensione. E i pareri pro veritate dei giuristi chiamati in soccorso dal Cavaliere e già depositati presso la giunta del Senato che si riunisce domani. «Restando in attesa di un cortese cenno di riscontro, si porgono i saluti più cordiali», si legge ancora. E di seguito l’indirizzo romano di via del Plebiscito e quello di Villa San Martino ad Arcore, a cui la Corte di Strasburgo potrà inviare la sua eventuale risposta.
«Nulla poena sine lege»
Secondo Berlusconi, dunque, la responsabilità dello Stato italiano (e il vulnus rappresentato dalla legge Severino) starebbe nell’aver violato innanzitutto l’articolo 7 della Convenzione europea («Nulla poena sine lege»), spiegando che l’incandidabilità e la decadenza dal mandato parlamentare a seguito di condanna per fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore delle nuove norme (5 gennaio 2013) «è contraria al divieto di retroattività delle sanzioni penali».
Il «diritto a libere elezioni»
Nel ricorso inviato ieri a Strasburgo si fa anche riferimento all’articolo 3 del Protocollo n.1 e all’articolo 14 della Cedu (Convenzione europea dei diritti dell’uomo), perché l’incandidabilità prevista dalla legge Severino costituirebbe una violazione del diritto a libere elezioni, a causa della «restrizione del diritto di elettorato passivo del ricorrente». E ancora: la decadenza dal mandato parlamentare rappresenterebbe una lesione «in maniera irreversibile del diritto del ricorrente, nella sua veste di leader di uno dei maggiori partiti politici italiani, di continuare a rivestire la carica di parlamentare» ma negherebbe anche «la legittima aspettativa del corpo elettorale alla permanenza in carica dello stesso per tutta la durata della legislatura».
L’attacco alla giunta
«La decisione sulla decadenza» che prenderebbe la giunta del Senato, convocata domani, sarebbe viziata da «manifesto carattere di arbitrarietà e sproporzione, essendo tra l’altro affidata a un organo politico in difetto di qualsiasi possibilità di controllo esterno da parte di un’istanza indipendente e imparziale» (a questo proposito sono stati depositati pure articoli di stampa in cui alcuni membri della giunta preannunciavano il loro voto contro il Cavaliere). Infine, si cita l’articolo 13 della Convenzione e il diritto a un «ricorso effettivo», perché l’ordinamento italiano non prevede alcun rimedio interno («foro domestico») contro eventuali violazioni della Convenzione europea.
La Camera e il potere discrezionale
Vi sono «elementi sufficienti», conclude Berlusconi nel ricorso, per affermare che nell’intera vicenda «gli obiettivi politici hanno prevalso sulle ragioni del diritto». «Affidando alla Camera il potere discrezionale di decidere la decadenza del mandato» per effetto della legge Severino, «la permanenza in carica del parlamentare e il rispetto della volontà espressa dal corpo elettorale finiscono per essere esposti a pericolose manipolazioni». Ecco perché, a suo giudizio, la sua vicenda riveste un’importanza «di interesse generale», in grado di avere «notevoli implicazioni per i sistemi giuridici interni e per il sistema europeo». La richiesta finale, «a titolo di riparazione» è conseguente: la Corte viene invitata a «condannare lo Stato italiano all’adozione di tutte quelle misure necessarie per rimuovere integralmente gli effetti pregiudizievoli delle lamentate violazioni». Via la decadenza.
Un iter lungo e complesso
Il ricorso, ora, metterà in moto una procedura che potrebbe durare diversi anni. La Corte dovrà innanzitutto valutare se il ricorso è ricevibile oppure infondato. Quindi, in caso di ricezione, dovrà informarne la controparte. E inizierebbe così il contraddittorio, che potrebbe portare a un’udienza pubblica. Contro l’eventuale sentenza, infine, sarebbe possibile presentare appello alla Grande camera della stessa Corte europea. E nel caso di condanna dell’Italia, le autorità nazionali sarebbero tenute a ristabilire i diritti della parte lesa. Anche, eventualmente, pagando i danni.
Fabrizio Caccia

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