Spd, Grünen e Linke vogliono una legge sul «salario equivalente»

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BERLINO. Per uno stesso tipo di lavoro, in Germania le donne guadagnano in media il 22% in meno degli uomini: lo dicono le statistiche ufficiali. Contro tale disparità insistono molto le tre forze progressiste. Quasi con le stesse parole, nei programmi elettorali di socialdemocratici (Spd), Verdi e Linke compare l’introduzione di una «legge per il compenso equivalente». Il problema è ignorato dai liberali, mentre i democristiani (Cdu-Csu) si limitano a «sostenere la richiesta delle donne di un guadagno pari per un pari lavoro», ma senza dire come.
Visioni chiaramente contrapposte sul capitolo del quoziente familiare nell’imposta sui redditi: la coalizione che sostiene Merkel è favorevole a mantenerlo, mentre le opposizioni vogliono abolirlo. Secondo i partiti di sinistra si tratta non solo di un privilegio delle famiglie benestanti, ma anche di una norma cucita su misura sul modello di coppia in cui l’uomo guadagna e mantiene la moglie, che non viene incentivata a lavorare.
Differenze significative anche in tema di quote femminili nei consigli di amministrazione delle imprese: per i liberali della Fdp non dev’esserci nessun vincolo, Cdu-Csu vogliono favorire l’introduzione di quote flessibili determinate dalle imprese stesse, mentre le forze progressiste intendono approvare leggi che determinino una percentuale obbligatoria di donne nei ruoli di comando delle aziende pubbliche e private.
Di «sostegno agli uomini in nuovi ruoli», al di là di quelli legati alla figura tradizionale del capo-famiglia, parla il programma dei Grünen, sicuramente il movimento che sostiene le tesi più lontane da quelle difese dai conservatori. Gli ecologisti vogliono promuovere l’ingresso di uomini in settori lavorativi tradizionalmente «femminili», come quello educativo o di cura. Anche i social-comunisti della Linke si mostrano sensibili al «diritto alla libertà di scelta del progetto di vita» anche da parte dei maschi che vogliano godere appieno della paternità o, in generale, del tempo «liberato». Un po’ meno coraggiosa la Spd, che comunque insiste sulla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per tutti, uomini compresi.
I tre partiti progressisti s’impegnano esplicitamente, a differenza di liberali e democristiani, ad attivare politiche di contrasto al sessismo, ma solo i Verdi affrontano anche questioni come il ruolo dei media e della pubblicità – quest’ultima oggetto di una recente campagna di denuncia da parte dell’associazione femminista Pinkstinks. E gli ecologisti sono anche gli unici a dedicare un capitolo del loro programma alla politica delle donne sul piano europeo e internazionale, menzionando l’importanza del ruolo dell’organismo delle Nazioni Unite UN Women.


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