Dal salario al reddito minimo, ecco il menù

by Sergio Segio | 17 Settembre 2013 7:24

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BERLINO. C’è poca Europa e molto stato sociale nel dibattito politico tedesco. Il rassicurante slogan della Cdu di Angela Merkel è «La Germania è forte e così deve restare»: in attesa di capire con chi saranno «condannati» a governare in coalizione, i cristiano-democratici procedono sulla linea centrista della cancelliera, in vantaggio nei sondaggi. Sì dunque all’istituzione di un reddito minimo orario che sia però pattuito fra le parti sociali, più incentivi alle pensioni integrative mantenendo l’età pensionabile a quota 67 anni e un «no» deciso alle proposte della sinistra per un reddito di cittadinanza: «Noi vogliamo incoraggiare il lavoro, non la disoccupazione».
Tenendo la barra al centro, Merkel rintuzza le accuse che le piovono dal fronte conservatore di essere una leader «di sinistra», pur non escludendo la possibilità di imbarcarsi in una Grosse Koalition con i socialdemocratici. Sul lato destro i liberali della Fdp e il nuovo partito anti-euro AfD (Alternative für Deutschland) ritengono il sistema di sicurezza sociale già molto generoso. I partiti dello schieramento opposto, invece, la pensano diversamente.
La Spd guidata dal candidato cancelliere Peer Steinbrück vorrebbe portare il reddito minino ad almeno 8,50 euro l’ora. «Ci ispiriamo apertamente al sistema britannico della Low Pay Commission», spiega Simon Vaut, advisor del gruppo parlamentare socialdemocratico. «La Germania è uno dei pochi paesi rimasto senza una legge sul salario minimo e oggi abbiamo circa otto milioni di lavoratori, molti anche full-time, che guadagnano meno di otto euro e mezzo l’ora». L’aumento del costo del lavoro avrà ricadute sull’inflazione? «Qualche prezzo potrebbe aumentare – ammette Vaut – ma non ci saranno fughe di aziende all’estero. Le imprese tedesche medie e grandi pagano già bene, il nuovo salario minimo riguarderebbe solo i lavoratori sottopagati di piccole imprese» .
La Spd punta anche a pensioni di solidarietà di 850 euro per i lavoratori privi di contributi sufficienti e all’abbattimento fino a 63 anni dell’età pensionabile per chi abbia cumulato 45 anni di contributi. Simile a quello socialdemocratico è il programma dei Verdi, favorevoli a un salario minimo di almeno 8,5 euro l’ora e all’abbassamento dell’età pensionabile a 63 anni per i lavoratori con problemi di salute.
Più ambiziosi i social-comunisti della Linke: propongono salario minimo a 10 euro l’ora e immediato aumento del sussidio sociale per precari e disoccupati di lungo corso a 500 euro, con la prospettiva di una sua abolizione. L’obiettivo è l’istituzione di un vero e proprio «contributo minimo di sussistenza che non sia inferiore a 1.050 euro per nessuno». Importante anche l’offensiva sul fronte previdenziale: via l’asticella dei 67 anni per ottenere la pensione, aumento dei trattamenti previdenziali minimi a quota 1.050 euro e uguaglianza delle pensioni a est e ovest entro il 2017. Come si finanziano queste misure? «Riportando l’aliquota sui redditi massimi al 53%, come ai tempi di Helmut Kohl», e chiamando in causa «i superricchi e i loro patrimoni».
Fermi al 3% nei sondaggi, su questi temi si fanno sentire anche i Pirati, che chiedono che sia l’ufficio nazionale di statistica a indicare la cifra del reddito minimo legandola al reddito medio. A lungo termine un progetto più radicale: istituire un reddito di base incondizionato perché ogni persona ha «il diritto a una esistenza sicura e alla partecipazione nella società».

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