Il sì di Letta: siamo in Europa ma vigileremo sull’occupazione

Loading

ROMA — «Guardiamo, valutiamo, vigileremo sul fronte occupazionale, ma bisogna ricordare che Telecom è una società privata e siamo in un mercato europeo». Il presidente del Consiglio Enrico Letta, da New York, dà un sostanziale via libera all’operazione finanziaria che porterà in tempi brevi la nostra storica compagnia nelle mani degli spagnoli di Telefonica. Una visione di «mercato», condivisa anche da Confindustria che sottolinea — per bocca del direttore generale Marcella Panucci — come sia «importante non la nazionalità del capitale ma le condizioni di concorrenza che peraltro ci sono». Molte le voci preoccupate e quelle contrarie con il leader grillino Beppe Grillo che se la prende con Massimo D’Alema definendolo «merchant banker di Palazzo Chigi, primo responsabile di questa catastrofe» avendo pilotato la cessione a debito di Telecom «ai capitani coraggiosi che si trovò improvvisamente oberata di 30 miliardi». A stretto giro l’ex premier risponde che lui non ha venduto «nessuna azienda, Telecom era già privatizzata ed è stata acquistata con una Opa sul mercato». La decisione fu presa con il concorso di «chi ne aveva la diretta responsabilità, cioè il ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi». «Ancora oggi — sottolinea D’Alema — penso che fu una scelta giusta, è del tutto ridicolo fare discendere le difficoltà e le decisioni odierne, sulle quali giustamente il Parlamento chiede chiarezza, da una vicenda che risale ormai a quasi 15 anni fa».
Per Pier Luigi Bersani questa vicenda «ha un punto serio che è quello della rete, il governo deve mettere mano a tutti gli strumenti giuridici per garantire uno sviluppo del settore». Così il renziano Paolo Gentiloni preme sull’esecutivo «affinché al più presto promuova lo scorporo della rete e vari la Golden power anche per le telecomunicazioni». Il Pdl ha reazioni variegate. Renato Brunetta, capogruppo alla Camera e responsabile economico del partito di Berlusconi, chiede di avere «un quadro dettagliato prima di esprimere qualsiasi giudizio» e si aspetta che Letta riferisca in Parlamento «anche perché questa operazione coinvolge da vicino tutti gli sforzi e gli investimenti pubblici e privati che da tempo si stanno mettendo in campo per affrontare la sfida digitale». E il capo dell’esecutivo ieri dagli Usa ha comunicato che riferirà in aula martedì prossimo. Per Fabrizio Cicchitto è «un disastro per l’industria italiana» mentre Maurizio Sacconi affronta uno dei veri nodi strategici: «Sarà ben difficile una acquisizione italiana della rete in quanto il regolatore può imporre la separazione ma non la vendita e Cassa Depositi e Prestiti non è stata peraltro attivata per l’acquisto delle azioni cedute». E critica per superficialità il commento del ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato secondo il quale «è difficile sostenere che Telecom diventi spagnola».
I sindacati, preoccupati da una eventuale contrazione occupazionale, si schierano compatti contro il riassetto. Michele Azzolla della Cgil, stima che potrebbero perdere il posto 16 mila lavoratori e di fronte a questo scenario il governo «ha il dovere di convocare subito le parti sociali e Telefonica per conoscerne il piano e valutare l’utilizzo della golden share». «Questa di Telecom — continua il sindacalista — è la prima che l’Italia consegna agli stranieri un gruppo industriale strategico, cosa mai avvenuta in nessun Paese occidentale». Una preoccupazione forse esagerata visto che l’italiana Enel comprando Endesa controlla da anni tutto il settore energetico spagnolo. Ma quello che ieri è emerso con forza «è la mancanza di una politica industriale complessiva, alla luce della crisi dell’Ilva, della Fiat, della Finmeccanica, di Ansaldo, di Alitalia». Lo denuncia lo storico dell’economia e docente alla Bocconi Giuseppe Berta spiegando che l’Italia a questo punto «non coglierà le opportunità della ripresa internazionale perché non abbiamo più né un assetto, né un disegno né un profilo del nostro sistema produttivo ormai deteriorato». Contrario alla cessione anche l’ex ministro Corrado Passera — e come ex amministratore delegato di Banca Intesa uno dei player del riassetto Telco e di Alitalia — che su Twitter ha commentato che «per Telecom i grandi soci italiani (Intesa Sanpaolo, Generali, Mediobanca, ndr) hanno preso una decisione pessima».
Il Movimento 5 Stelle ha annunciato che chiederà una commissione d’inchiesta che «faccia luce su Telecom e valuteremo se estendere analoga richiesta anche su Alitalia, perché questo metodo di svendita delle aziende italiane — ha detto il capogruppo al Senato Nicola Morra — non ci piace per niente». Il sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta propone di aprire «l’intero capitolo della politica industriale, sulla quale grava un ritardo di 15 anni» e di avviare al più presto una cabina di regia ad hoc. Per l’ex premier ed ex commissario alla Concorrenza Mario Monti, intervistato da Lilly Gruber, «il vero problema non è che la Spagna compri Telecom, ma il fatto che non sia stata scorporata dalla nostra società la rete di comunicazione».
Roberto Bagnoli


Related Articles

Fondo salva-Stati, la difesa di Monti

Loading

Alla vigilia del vertice Ue il premier avverte: il mercato unico rischia la frantumazione

La crisi e la disuguaglianza

Loading

Il film di Oliver StoneWall Street, ritratto di plutocrati in ascesa secondo i quali l’avidità è un bene, è uscito nelle sale nel 1987. I politici, però, intimoriti da chi grida alla “lotta di classe”, hanno fatto il possibile per evitare di fare del sempre crescente divario tra i benestanti e il resto della popolazione una questione di primaria importanza.

Niente più segreti in Svizzera con il nuovo accordo bilaterale

Loading

Nel triangolo Lugano-Ginevra-Zurigo. Oltre 72mila posizioni a rischio

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment