“Trattativa, Napolitano teste in aula” ma è scontro tra i pm e l’Avvocatura

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PALERMO — La Procura insiste per l’audizione del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al processo per la trattativa Stato-mafia. «È una testimonianza certamente pertinente e certamente rilevante», dice il pubblico ministero Nino Di Matteo: «Per approfondire le preoccupazioni espresse da Loris D’Ambrosio al Capo dello Stato, nella lettera del 18 giugno 2012». In quelle tre pagine dai toni accorati, il consigliere giuridico del Quirinale ribadiva la sua correttezza dopo le polemiche attorno alle telefonate con l’ex ministro Nicola Mancino, ma esprimeva anche un timore sulla travagliata stagione delle stragi: «Il timore di essere stato considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi». In quegli anni, 1989-1993, D’Ambrosio fu prima all’Alto commissariato antimafia poi al ministero della Giustizia.
Dice Di Matteo: «L’audizione del capo dello Stato è l’unica possibilità di approfondire i timori di D’Ambrosio». Ed è subito scontro con l’Avvocatura dello Stato, che nel processo rappresenta due parti civili: la presidenza del Consiglio e la presidenza della Regione. «L’audizione del presidente della Repubblica non può essere ammessa, è vietata — non ha dubbi l’avvocato Giuseppe Dell’Aira — la sentenza della Corte Costituzionale che ha risolto il conflitto di attribuzione con la Procura ribadisce che anche le attività informali del Capo dello Stato sono coperte da riservatezza ». L’avvocato precisa: «Tutto ciò non deve essere letto come una volontà di tacere sui fatti, anche perché l’ipotetico teste non può essere a conoscenza di altre circostanze rispetto a quelle scritte da D’Ambrosio».
Il processo “trattativa” è appena entrato nel vivo, con la richiesta delle prove, ed è scontro fra la Procura di Palermo e l’Avvocatura dello Stato anche su altro punto dell’atto d’accusa dei pm Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia. Le telefonate intercettate fra l’imputato Mancino
e D’Ambrosio. Tocca a Del Bene spiegare la tesi della Procura: «Mancino ha tentato di condizionare le indagini. Sollecitando, tramite D’Ambrosio, i poteri di intervento della Direzione nazionale antimafia, fino a prospettare l’eventualità di un’avocazione dell’inchiesta. L’obiettivo era evitare il confronto con l’ex ministro Claudio Martelli». Sono undici le telefonate di Mancino al Quirinale che la Procura chiede di acquisire. «Le sollecitazioni
del privato cittadino Mancino — prosegue Del Bene — si sono concretizzati in fatti reali, che hanno coinvolto le più alte magistrature dello Stato. L’allora procuratore antimafia Grasso venne chiamato dal procuratore generale della Cassazione Ciani, ma senza una formale convocazione. Fu anche sollecitata una relazione, che Grasso iniziò con un oggetto chiaro — “Onorevole Mancino” — e concluse negando la possibilità dell’avocazione».
La Procura chiede di sentire anche il procuratore Gianfranco Ciani e il segretario generale del Quirinale, Donato Marra. C’è un’altra opposizione dell’Avvocatura dello Stato: sulle telefonate e sulle citazioni. Pure i legali di Mancino chiedono che l’audizione di Napolitano venga respinta. Non si oppongono invece all’acquisizione delle conversazioni con il Colle: «Non abbiamo niente da nascondere — dicono Umberto Del Basso e Nicoletta
Piergentili — Mancino ha combattuto la mafia».
Si annuncia un processo complesso. L’avvocato Basilio Milio, legale di Mario Mori, protesta: «Il generale è stato già assolto a luglio ». Il presidente della Corte, Alfredo Montalto, frena: «Questo è un altro processo». Il processo che vede imputati vertici dello Stato e della mafia: «L’interlocuzione non fu cercata da Riina, ma da uomini delle istituzioni», spiega il pm Tartaglia. Un appello viene lanciato dall’avvocato Danilo Ammannato, che rappresenta i familiari delle vittime di Firenze: «Speriamo che i vertici delle istituzioni vengano a dire la verità». Accanto a lui, a sorpresa, c’è un altro avvocato, è l’ex pm Antonio Ingroia, che ha visto nascere l’inchiesta sulla “trattativa”: dopo l’ingresso in politica, è adesso legale di parte civile. Il 10 ottobre, la decisione sui testimoni ammessi al processo.


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