«Dimissioni gesto interlocutorio, uno sbocco c’è»

Loading

ROMA — «Le dimissioni sono state un atto di solidarietà politica a Berlusconi e una forte protesta fatta però, nei dovuti modi, perché le lettere sono nelle mani dei capigruppo e non in quelle dei presidenti di Camera e Senato. Un gesto interlocutorio in attesta di capire come vanno a finire le cose». Fabrizio Cicchitto è appena uscito dal vertice con Silvio Berlusconi e dà conto di quello che da più parti appare come un dietrofront.
Partiamo dall’inizio. Queste dimissioni sono un atto di rottura, così tutti le hanno interpretate.
«Certamente sono un fatto forte,così come molto forte è l’attacco contro Berlusconi. E allora si può litigare sulle parole. Al presidente della Repubblica non è piaciuta l’espressione “colpo di Stato”. Ma è indubbio — qualche scheggia ha colpito anche lui — che dal 1992 nei confronti di cinque partiti e, per quel che riguarda Berlusconi, dal 1994 esista un uso politico della giustizia da parte di un settore della magistratura, da parte di qualche quotidiano e da parte di un settore del Pd. L’attacco a Berlusconi è molto duro e non è una questione personale. Il Pd ha inanellato una serie di errori, altroché parlare di provocazioni da parte nostra. Il Pd, in realtà, aveva a disposizione una via d’uscita ragionevole e seria e non compromettente».
Quale?
«Ascoltare i molti studiosi che sostengono che la legge Severino è segnata da un elemento di incostituzionalità costituito dalla sua retroattività. La via maestra, lo sbocco ragionevole per tutti, sarebbe passare per la Corte costituzionale che tra l’altro ha orientamenti politici che non sono di centrodestra. Invece avere voluto affermare da subito che il Pd era schierato per l’esecuzione di Berlusconi, questo sì che ha molto peggiorato le cose e teso i rapporti politici. Mettere fuori dall’attività parlamentare e politica il leader di uno schieramento politico non è ordinaria amministrazione. Io che sono un sincero estimatore del presidente della Repubblica devo dire che non condivido le espressioni che ha usato nei nostri confronti e aggiungo che, a mio giudizio, nei suoi interventi c’è la sottovalutazione di una realtà che nel passato e anche in questi giorni ha colpito anche lui».
Ma questo vostro atto non apre di fatto la crisi di governo?
«No, non abbiamo una pregiudiziale nei confronti del governo. Insisto: se è nato nella persona di Enrico Letta, ciò lo si deve anche a Silvio Berlusconi».
L’impressione diffusa è che questo vostro atteggiamento crei instabilità.
«Noi non lavoriamo al peggio. Ecco perché esamineremo con grande attenzione e non con atteggiamenti pregiudizialmente negativi ciò che dirà Enrico Letta e quindi sulla base di questo decideremo il nostro atteggiamento parlamentare. Il capogruppo Brunetta, a questo riguardo, non ha escluso l’ipotesi di un voto di fiducia. Nulla è scontato in partenza, anche perché non sappiamo ancora se non sorgano problemi sul terreno programmatico, siamo stati noi a rendere così tesa la situazione ma il bombardamento giudiziario che si è accentuato da quando sosteniamo questo governo».
Può spiegare questo cambio di atteggiamento. Che cosa è successo in queste ore e soprattutto come se ne esce visto che una rottura verso il capo dello Stato e verso Letta è sicuramente avvenuta?
«Se c’è una complicazione nei rapporti lo si deve al fatto che abbiamo reagito dopo mesi di tambureggiamento polemico del Pd nei confronti nostri e di settori della magistratura nei confronti di Berlusconi dopo le scelte del Pd nella Giunta per le elezioni in Senato. Non abbiamo aperto una polemica con il presidente della Repubblica né con Enrico Letta. Nella assemblea dei gruppi fissata da tempo è emersa una spinta verso una dichiarazione forte di solidarietà verso Berlusconi. Abbiamo voluto gridare alto che si sta mettendo in dubbio lo stato di diritto».
Questo stop non dipenderà dal fatto che i gruppi parlamentari non sono coesi al loro interno?
«Non è vero. C’è unanimità sulle dimissioni. Il nostro è un atto politico non burocratico i numeri sono pressoché totali» .
Lorenzo Fuccaro


Related Articles

C’era una volta il Senatur

Loading

Il passaggio di Bossi in Cadore, per festeggiare il compleanno dell’amico Tremonti, insieme a Calderoli, è durato poco.

Ma Giulio continua a ostentare ottimismo: io vado avanti

Loading

WASHINGTON — Di politica non vuol parlare. Tanto meno dell’eventualità  di sue dimissioni. Ma ostenta un deciso buon umore come se le polemiche di Roma, e i suoi contrasti col premier Silvio Berlusconi, qui a Washington non riuscissero a toccarlo. In ogni caso dopo i primi due giorni di «latitanza» dai giornalisti, il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti si appalesa in più occasioni, ad iniziare dalla foto di gruppo di prima mattina. E in chiusura di giornata tiene la conferenza stampa di ordinanza.

Letta in Aula, battaglia con Grillo e fiducia

Loading

«Non voglio il voto dei populisti». Il piano «Impegno 2014 per evitare il caos nel Paese»

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment