Telecom, giovedì inizia l’era Sarmi

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MILANO — Il primo punto all’ordine del giorno del consiglio di Telecom Italia che è convocato per giovedì 3 ottobre ha come oggetto le «comunicazioni del presidente». Franco Bernabè, onde evitare di andare a uno scontro frontale in consiglio con i soci di Telco che lo hanno nominato nel dicembre 2007, sarebbe deciso a fare un passo indietro. Al suo posto i soci italiani della finanziaria che controlla il 22,4% di Telecom sarebbero concordi nell’indicare Massimo Sarmi, il manager che da 11 anni è a capo delle Poste Italiane. Ingegnere aeronautico, Sarmi era arrivato alla Sip poco dopo la laurea per seguire lo sviluppo della telefonia mobile. Nel 1995 era stato il primo direttore generale di Tim e nel 1998 era diventato direttore generale della capogruppo Telecom, da cui se ne era andato ai tempi dell’Opa di Roberto Colaninno per guidare Siemens Italia e approdare due anni dopo alle Poste. Il profilo di Sarmi sarebbe stato scelto oltre che per le sue conoscenze del settore, per le capacità dimostrate nel gestire, anche sotto gli aspetti sindacali, un azienda da 130 mila dipendenti e che negli ultimi anni ha affrontato una radicale trasformazione.
Fatto sta che giovedì 3, a fronte delle dimissioni di Bernabè i soci Telco dovrebbero indicare il nome di Sarmi per la sua successione, ma poi sarà necessario un apposito consiglio per cooptare il manager 65enne alla presidenza. Nello stesso cda dovrebbe essere invece cooptato un altro amministratore indipendente al posto del dimissionario Elio Catania, così Telco tornerà a indicare tre indipendenti quanto quelli indicati dal mercato, vale a dire i consiglieri Luigi Zingales, Massimo Egidi e Lucia Calvosa. Se quindi nella futura lista di Telecom Italia, Telco che ha diritto a nominare 12 membri, indicasse 4 indipendenti, il numero degli indipendenti salirebbe a 7 di cui 3 amministratori scelti dalle liste di minoranza, e tutti chiamati a supervisionare sull’eventuale processo di vendita delle attività estere di Telecom.
Quanto all’uscita del presidente esecutivo, fonti vicine alla Telecom fanno notare come le frizioni tra Bernabè e gli azionisti che controllano il 22,4% del gruppo vanno avanti da mesi e che l’ascesa di Telefonica al controllo di Telco non sarebbe che la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Peraltro agli inizi il presidente spagnolo Cesar Alierta aveva costruito un buon rapporto con Bernabè, con cui aveva trattato direttamente alcune questioni delicate come la vendita nel 2009 di Hansenet a Telefonica. Un’operazione tra parti correlate dove Bernabè aveva fatto gli interessi del gruppo italiano, senza fare sconti a Telefonica guadagnando l’ammirazione di Alierta. Poi però con l’inasprirsi della crisi e il deteriorarsi dei conti di Telecom, anche il presidente spagnolo aveva più volte aspramente criticato i risultati della gestione di Bernabè. Tuttavia al momento sulle nomine dei vertici, gli spagnoli non possono accampare diritti, pertanto anche se sono il primo socio con il 14,5% di Telecom, non spetta a loro né indicare, né selezionare i manager del gruppo. Invece ieri al fianco di Bernabè si è schierato il presidente del consiglio di gestione di una delle banche azioniste di Telco Intesa Sanpaolo. «Se Bernabè presenterà le sue dimissioni dalla presidenza di Telecom ha sottolineato Gian Maria Gros-Pietro lo farà anteponendo l’interesse dell’azienda al proprio».


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