A Parigi non si vota, Hollande aspetta gli Usa

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Al di là dell’emozione per la prima cerimonia comune di due presidenti, è stata per Hollande un’occasione per parlare di Siria, mentre all’Assemblea e al Senato si svolgeva un dibattito parallelo sulla posizione francese. Per Hollande, di fronte agli orrori della seconda guerra mondiale, c’è la promessa di «rifiutare l’inaccettabile», oggi incarnato nell’attacco alle armi chimiche perpetrato in Siria. Il premier socialista, Jean-Marc Ayrault, ha ripreso l’argomento all’Assemblea: in un rovesciamento delle posizioni, la maggioranza di governo ha giustificato la volontà di intervenire in Siria in nome della «morale», mentre l’opposizione di destra, Ump e anche l’Udi (centro-destra), hanno invocato la «legalità» per chiedere a Hollande di aspettare un via libera dell’Onu.
La Francia è stata messa in imbarazzo dopo il voto negativo britannico alla partecipazione a un’azione contro Assad e la decisione di Obama di chiedere un voto al Congresso. Di qui la concessione di un dibattito in parlamento, che ieri non è però stato seguito da un voto, anche se Hollande non lo esclude, ma sicuramente dopo il verdetto del Congresso Usa. Per il governo francese c’è una «certezza»: Assad ha usato le armi chimiche. E «di fronte alla barbarie, la passività non è un’opzione», ha affermato il primo ministro Ayrault. Il capogruppo socialista, Bruno Le Roux, ha parlato di «prove irrefutabili» e di «fiducia» nelle prove fornite dai servizi segreti francesi, gli stessi che nel 2003 avevano smentito le «prove» di Colin Powell e di George Bush e avevano portato l’allora presidente Jacques Chirac a dire no alla guerra in Iraq. Agli argomenti del governo, la destra Ump ha opposto prima di tutto il riferimento alla legalità internazionale, cioè la necessità di un voto al Consiglio di sicurezza (per Jean-Louis Borloo dell’Udi, la Francia potrebbe bypassare il blocco di Russia e Cina, chiedendo un voto all’Assemblea generale), e in secondo luogo i rischi dell’ «isolamento» della Francia, che è sola nella Ue a seguire la strada che stanno tracciando gli Usa. La questione di un voto del parlamento per legittimare l’eventuale intervento è passata così in secondo piano, anche se sia nell’opposizione che nella maggioranza (Verdi e radicali) c’è la richiesta di venire consultati, benché la Costituzione non lo preveda. Maggioranza e opposizione si sono affrontate a fronti rovesciati anche su questo: la maggioranza con toni bonapartisti, al seguito del capo presidente, senza se e senza ma, mentre la destra ha abbandonato questa attitudine che di solito la caratterizza e invitato a non rispettare le prerogative golliste della presidenza, invocando un voto del parlamento su una decisione che sulla carta appartiene solo al presidente della Repubblica, che è il capo dell’esercito.
I Verdi appoggiano l’intervento, con alcune condizioni. Il capogruppo François de Rugy ha ammesso «divisioni» in Europa Ecologia-I Verdi, anche se «tutti gli elementi raccolti non lasciano dubbi» sull’uso di armi chimiche da parte di Assad e «le conseguenze dell’inazione sono davanti agli occhi di tutti da due anni». Il Front de gauche è contrario all’intervento. Il deputato del Pcf André Chassaigne ha invitato a trovare una «soluzione politica» senza il ricorso alla forza «illegale, ingiustificata e infondata». Anche il Pcf parla del nodo «legalità»: «La Francia è pronta a violare la Carta dell’Onu che ci lega alla comunità internazionale?» ha chiesto Chassaigne, sottolineando che il capitolo VII proibisce l’ingerenza e che anche Ban Ki-moon ha messo in guardia contro l’avventurismo, che rischia di prendere ancora di più in ostaggio il popolo siriano, già preda «di un dittatore cinico e disumano».


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