AAA, cercasi compratori di beni pubblici

by Sergio Segio | 20 Settembre 2013 8:49

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ROMA. Il secondo tempo del governo Letta sta per iniziare. Dopo avere instradato la riforma della Costituzione, entro ottobre il ministero dell’Economia provvederà ad individuare le partecipazioni statali da dismettere per ridurre il debito pubblico che raggiungerà il nuovo record storico del 132,2% del Pil nel 2014. Il percorso di «privatizzazioni» compreso nel piano «Destinazione Italia» sarà uno degli argomenti affrontati nel Consiglio dei ministri di oggi. Sarà incluso nella nota di aggiornamento al Def con la quale il governo cercherà di affrontare la grana del deficit che veleggia oltre il 3% del Pil e darà una risposta ad un’altra richiesta dell’Unione Europea: il rispetto del Fiscal Compact. Si tratta di abbattere il debito da 132,2% al 60%, al ritmo di 40 miliardi di euro all’anno, per almeno vent’anni.
Un altro capitolo del piano composto da cinquanta interventi normativi, «Destinazione Italia», nome della Spa che coordinerà gli interventi, è l’attrazione degli investimenti esteri. Secondo uno studio dell’Ice, questi investimenti sono passati da una media di 160 nel decennio 1990-2000 a una media di 115 all’anno in quello successivo 2001-2011. Un rapporto della Camera di Commercio di Milano sostiene che il 70% di questi investimenti sono concentrati in Lombardia. In questa regione si trovano 4100 aziende straniere e 92 multinazionali su 100 che lavorano in Italia.
Per affrontare questa situazione il governo intende agire su due fronti: agevolazioni fiscali per queste imprese e deregolamentazione del mercato del lavoro. Alcune di queste ultime misure sono già contenute in precedenti interventi legislativi, come il pacchetto lavoro. Verranno creati «accordi fiscali» tra imprese e fisco e verrà liberalizzato il finanziamento delle Pmi. Si cambierà inoltre la politica dei prezzi dell’energia e arriveranno aiuti per ristrutturazioni aziendali e misure a sostegno della «green economy». Previste inoltre misure contro la criminalità organizzata nel Mezzogiorno. Il tutto sarà regolato da una cabina di regia composta dalla Presidenza del Consiglio, dai ministeri e da Invitalia, l’agenzia per l’attrazione degli investimenti controllata dallo Stato. La Spa «Destinazione Italia» sarà uno spin-off di Invitalia e accorperà competenze oggi disperse tra vari soggetti. Al Consiglio dei ministri verrà rendicontata l’attività ogni sei mesi.
Quanto al lavoro si punta a ridurre il cuneo fiscale, cioè la differenza fra ciò che il datore paga e quanto guadagna il lavoratore (costo 8 miliardi di euro), e si continuerà ad insistere sull’«apprendistato breve», sulla deregolamentazione dei «contratti acausali» – già previsti nel pacchetto lavoro e nell’accordo per l’Expo 2015 e sul «contratto di reinserimento» abolito solo nel 2012. L’impresa che assumerà a tempo indeterminato o determinato per oltre 12 mesi, sarà permesso di assumere un lavoratore in mobilità, in cassa integrazione o beneficiario dell’Aspi, a cui verrà erogato un salario integrativo esente da imposte e contributi. L’impresa potrà licenziare il lavoratore in qualsiasi momento. In questi casi il licenziato tornerà a godere dell’Aspi.
Come d’abitudine, il governo ha approvato una lenzuolata nella quale c’è un piano sugli aeroporti, norme sul rientro dei cervelli in fuga, sulla giustizia civile e amministrativa, reputate come punti deboli dell’intero sistema economico. Secondo i dati della Banca Mondiale, l’Italia è al 160° posto su 185 per la risoluzione delle dispute commerciali e questo sarebbe un altro elemento che scoraggia gli investitori esteri. Nel provvedimento si prospetta una sperimentazione nei tribunali di Milano, Roma e Napoli dove concentrare le controversie.
Il capitolo senz’altro più rilevante resta quello delle «privatizzazioni». L’obiettivo sarebbe quello di raccogliere almeno 1 miliardo di euro. Molte sono state le indiscrezioni negli ultimi mesi, smentite dal ministro dell’Economia Saccomanni. In attesa del Def, e di un decreto legge, l’attenzione del governo potrebbe concentrarsi sullo spezzettamento di Finmeccanica, la privatizzazione delle Ferrovie (36 miliardi) e di Poste Italiane (3,4 miliardi), sulla Rai (2 miliardi), sulla vendita dei gioielli di famiglia Eni (il 25,7%, il 4% del tesoro vale circa 20 miliardi). Dalla vendita della Sace (assicurazioni sul credito) si potrebbero ottenere 6,2 miliardi di euro. Da Fintecna 2,3miliardi di euro. Solo le municipalizzate valgono 30 miliardi. La Cassa Depositi e Prestiti, diretta da Franco Bassanini (ex ministro del centro-sinistra d’altri tempi), giocherà un ruolo importante. Questa nuova «merchant bank» gestirà l’intera partita delle vendite, anche perché molte partecipazioni sono di sua proprietà. Letta offrirà questi bocconi agli operatori del capitale finanziario nel «road show» che inizierà la settimana prossima a New York e poi tra gli emiri del paese del Golfo. L’Italia, ha assicurato il presidente del Consiglio, non sarà un «Outlet», ma nemmeno «Fort Apache».
Si torna ad insistere sulla dismissione del patrimonio immobiliare pubblico. I margini di guadagno della vendita sono incerti. Vendere una caserma, ad esempio, non è facile per nessun venditore di Stato. Ma Letta insisterà, cambiando la destinazione d’uso degli immobili, condizione essenziale per cementificare, riattivare il protagonismo dei costruttori, cedere o affittare immobili di pregio, rafforzando il ruolo delle Società di investimento immobiliare quotate (Siiq). Dal testo finale del provvedimento sembra essere esclusa la proposta di mettere all’asta le concessioni balneari.

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