Chi ha armato il tiranno Assad

by Sergio Segio | 2 Settembre 2013 18:00

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Mille tonnellate cubiche di “aggressivi chimici” sono custodite nell’arsenale più capiente del Medioriente e quarto nel mondo. Sono prodotte e stoccate in una cinquantina di siti sparsi in Siria. Ma negli ultimi mesi gran parte sarebbero state trasferite nelle aree dove è più sicuro il controllo da parte delle forze leali al dittatore Bashar al-Assad. Prima dell’attacco del 21 agosto scorso nell’area di Ghouta, dintorni di Damasco, che ha provocato, a seconda delle fonti, tra i 300 e i 1.300 morti costringendo la comunità internazionale a valutare un intervento armato dopo due anni e mezzo di guerra civile e oltre 100 mila morti, le armi chimiche erano già state usate, stando alle prove raccolte da varie intelligence, almeno cinque volte a partire da dicembre.

Per i ribelli del Libero esercito siriano il regime vi avrebbe fatto ricorso in almeno 18 occasioni. La famosa “linea rossa” tracciata dal presidente americano Barack Obama per muovere le truppe è stata abbondantemente superata. Assad sostiene che anche i suoi oppositori sono in possesso dei micidiali ordigni e ribalta su di loro le accuse. Il timore di tutti è che almeno una parte possa finire nelle mani della formazione filo-qaedista Jabhat al-Nusra o di altre organizzazioni di estremisti salafiti che si oppongono al tiranno.

L’arsenale è infatti l’oggetto del desiderio dei molti signori della guerra che soffiano sul fuoco nell’area più rovente del Pianeta. Il padre di Bashar, Hafez al-Assad, lo iniziò a costruire dopo la sconfitta nella Guerra del sei giorni contro Israele. Non avendo il denaro per finanziare un programma nucleare aveva ripiegato sulle più economiche armi chimiche come deterrente per il potente e vicino Stato ebraico. L’Egitto fu il primo a fornire, a partire dal 1973, quantità di iprite o gas mostarda, già massicciamente usato nella prima guerra mondiale: di colore giallo-brunastro, evapora molto lentamente, provoca ustioni, grosse vesciche, la morte per soffocamento o emorragia. Il salto di qualità ci sarebbe stato solo pochi anni dopo, grazie all’aiuto di alcune aziende farmaceutiche francesi che hanno esportato materiali “dual use” contenenti il sarin, gas nervino altamente tossico che colpisce il sistema nervoso: sarebbe quello sparato sulla popolazione di Ghouta. Nella tenacia con cui il presidente Hollande si è posto in prima fila tra gli interventisti conta forse la cattiva coscienza? Non solo Parigi, tuttavia, anche la Germania (allora Ovest) è responsabile della proliferazione, così come alcuni paesi inseriti tra gli Stati canaglia come la Corea del Nord e l’Iran. Il tutto mediato da società di brokeraggio attive in Olanda, Svizzera, Austria oltre che nelle già citate Francia e Germania.

Assad non disporrebbe tuttavia di tanti strumenti di morte senza l’ausilio, a partire dagli anni Novanta, della Russia grazie a un “accordo di cooperazione” tra le istituzioni scientifiche dei due Paesi. Sarebbe stato un ex generale russo, Anatoly Kuntsevich, a promuovere il trasferimento di ingenti quantità di sarin a Damasco. E a dotare la Siria dei missili grazie ai quali i gas possono essere sparati: Frog-7 all’inizio, e poi Scud-B. Dalla Corea sono arrivate le versioni più aggiornate, gli Scud-C e D, capaci di arrivare a colpire le principali città israeliane. La Cina dal canto suo avrebbe messo a disposizione la tecnologia necessaria per la costruzione dei missili M-9 con una gittata di 900 chilometri.

Un programma vasto, insomma, in continua evoluzione tanto da preoccupare gli 007 di mezzo mondo che, in mancanza di informazioni certe da parte di un regime impenetrabile, avviano inchieste per capire cosa davvero ci sia dentro gli arsenali di Damasco. Che sarebbero tra l’altro stati completamenti rinnovati a partire dal 2009 grazie a tecnologie più sofisticate in grado di mescolare i gas per renderli ancora più pericolosi. Gli americani sono certi che Assad produca VX, altro gas nervino classificato dall’Onu come “arma di distruzione di massa” e che abbia la capacità di stoccare «alcune centinaia di tonnellate di agenti chimici l’anno». Fino a un totale (stima del ministero della Difesa indiano) di mille tonnellate, conservate in circa 50 città, quasi tutte nel nord del Paese e dunque vicino al confine turco. Dettaglio che spiega l’attivismo di Ankara tra coloro che spingono per l’opzione militare.

Non solo chimica tuttavia. Il Centre d’études et de recerches scientifiques (Cers) che si trova appena fuori Damasco e l’omologo centro di ricerca situato a Cerin sarebbero i laboratori di fabbricazioni di armi biologiche. Secondo la consulente della Nato dottoressa Jill Dekker lì si lavora su «antrace, peste, tularemia, botulino, vaiolo, colera». L’antrace sarebbe già stato inserito in testate missilistiche. Anche per le armi biologiche sarebbero state decisive le importazioni “dual use”. Pur se il Paese nella farmaceutica ha raggiunto rispettabili risultati e conta una decina di grandi imprese in grado di svolgere attività di ricerca scientifica autonoma.

Secondo Rachel Schwartz, dell’International institute for counter-terrorism di Herzliya (Israele), autrice di uno degli studi più accurati sull’arsenale siriano, l’uomo chiave del regime con la delega alle armi chimiche è Ali Mamlouk, 67 anni, consigliere di Bashar, e indicato come il mandante di alcuni omicidi in Libano. E’ lui che si occupa della sicurezza e soprattutto dei trasferimenti da un luogo all’altro perché non cadano in mani nemiche. I siti di produzione principali si trovano ad Hama, Homs, Latakia e Al-Safira. Quelli di stoccaggio a Khan Abu Shamat, Furqlus, Masyaf, Palmyra (il famoso sito archeologico) e Dumayr.

Prima di Ghouta, i cinque casi in cui le intelligence occidentali hanno accumulato prove circa l’uso di armi chimiche sono questi. Homs, 23 dicembre 2012: 7 morti e 50 feriti a causa del gas nervino BZ (provoca asfissia). Khan al-Assal, 19 marzo 2013: 31 morti e 300 feriti per il gas nervino sparato da un missile. I ribelli hanno accusato il governo e viceversa. L’Onu ha concluso che è impossibile stabilire chi siano gli autori dell’attacco. Adra, 24 marzo: 2 morti e decine di feriti per una bomba al fosforo. Le forze di opposizione hanno documentato con un video gli effetti: crampi, problemi respiratori, convulsioni, vomito. Quartiere Sheikh Maqsoud, Aleppo, 13 aprile: 31 morti e decine di feriti per sostanze tossiche accertate anche dall’Onu. Saraqeb, 29 aprile: bombardamento da un elicottero col sarin eseguito «senza alcun dubbio», secondo il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius, dagli uomini di Bashar al-Assad.

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