Franceschini invita alla calma Ma nel Pd avanza l’ala dura

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Ma i dirigenti del Pd si rendono conto che possono stare fermi fino a un certo punto e che il loro elettorato non li capirebbe se cercassero a tutti i costi di fare pace con il Cavaliere furente.
È il responsabile dell’Economia Matteo Colaninno a confessare i timori di tutti, a dare corpo ai pensieri che agitano gli esponenti di quel partito: «La situazione è grave e noi non possiamo stare fermi, dobbiamo fare qualcosa, imporre le nostre proposte sulla legge di Stabilità, non giocare sempre di rimessa». Enzo Amendola, dalemiano emergente della segreteria, la pensa così anche lui, ma la dice a modo suo, interpellando Epifani con queste parole: «Guglielmo, se tua moglie se ne va, tu che fai? Disdici l’affitto o rinnovi il mobilio?». Per Amendola la risposta dovrebbe essere solo una: la prima. Non si può andare avanti come se nulla fosse. Ne è arciconvinto Matteo Orfini: «Ora ci vuole un po’ di polso. È giunto il tempo di fare le nostre proposte. Sulla legge di Stabilità, innanzitutto, come la rimodulazione dell’Imu». Anche Davide Zoggia, segretario organizzativo del Partito democratico, è convinto che non si possa sempre cedere ai ricatti di Berlusconi: «Noi siamo responsabili, ma siamo pronti a tutto».
Insomma, nel Pd monta la voglia del «redde rationem». Anche un tipo mite e misurato come il tesoriere del Pd, Antonio Misiani, ritiene che non si possa andare avanti a oltranza, oltre l’evidenza: «Penso che a un certo punto sarà lo stesso Letta a fare una verifica per vedere se si apre veramente la crisi, non credo che si farà staccare la spina senza dire niente, anche perché così non potrebbe poi candidarsi alla primarie per la premiership del centrosinistra.
Per farla beve gran parte del Pd si è andata convincendo in queste ore che, per dirla con Pier Luigi Bersani, si sia «vicini allo show down». L’ex segretario non sembra molto preoccupato da questa eventualità. ma non tutto il partito è su questa linea. In casa renziana si procede con i piedi di piombo. Paolo Gentiloni spiega: «Secondo me questa del Pdl è una buffonata. Berlusconi aspetterà e cercherà di aprire la crisi legando le sue vicende giudiziarie e la legge di Stabilità così potrà fare una campagna elettorale contro le tasse e per la libertà». E anche altri esponenti vicini al sindaco derubricano la vicenda a una «pagliacciata». Il perché di questa frenata appare evidente: i renziani puntano alle elezioni il 9 marzo e non vogliono che con la scusa della crisi salti il congresso. Tanto più adesso che è stato trovato un accordo sulle regole congressuali , accettato anche dal rappresentante di Letta, che aveva fatto di tutto per rallentare i lavori della commissione.
Già, le procedure per le assise nazionali vanno avanti: ieri Gianni Cuperlo ha lanciato ufficialmente la sua candidatura con il tandem Bersani-Marini, oggi si riunirà la Direzione (ovviamente per parlare anche e sopratutto della situazione politica), mentre il documento congressuale dei «non allineati» che Goffredo Bettini presenterà il prossimo dodici ottobre ha avuto il plauso di molti, incluso il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. Renzi veglia sull’evoluzione delle cose e sul rispetto della data stabilita: più volte ha detto di «non voler fare la fine di Prodi», che quando era al governo è stato «massacrato» perché sprovvisto di un partito. Perciò la sua tabella di marcia prevede prima le assise nazionali con l’elezione del segretario e poi le politiche.
Riuscirà il sindaco di Firenze a raggiungere i suoi obiettivi? «Matteo è un tipo fortunato», afferma un parlamentare che lo conosce bene. Ma gli imprevisti sono molti e quello stesso deputato ammette: «Se Letta arriva al 2015 allora si riapre la contesa sulla premiership del centrosinistra».
Maria Teresa Meli


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