SALVIAMO QUEI TESORI DAGLI SFREGI ESTETICI

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Dopo anni di sciacallaggio del paesaggio (scusate la rima, ma questo è) ora in Salento ci sono controlli ferrei e i recenti arresti lo provano. Godevo di quegli scorci, di alberi che sono meglio di un’opera d’arte, di muretti che esprimono la cultura contadina meglio di qualsiasi parola, al pari di tanti buoni prodotti. Provavo a immedesimarmi nel ladro di paesaggio, o nel “mandante”: complici in un’azione criminale e responsabili di un’aberrazione estetica doppia. Data dal depauperamento del paesaggio, ma anche dall’idea triste, da parvenu ignorante, di poter mettere quei tesori altrove, fuori dal proprio contesto territoriale come in un giardino di una villetta.
Mi dicevano che durante il boom di questo nefasto commercio gli ulivi venivano venduti per un paio di centinaia di euro. Ora divieti e controlli avranno fatto lievitare i prezzi sui mercati clandestini, ma quelle cifre comunicano perfettamente la bassezza di ladri e acquirenti: vengono i brividi solo al pensiero di dover quantificare in denaro il valore inestimabile di un ulivo cresciuto poderoso e produttivo, avvoltosi su se stesso in infinite forme per cento anni, sotto il sole cocente, battuto dal vento.
Quell’ulivo è del proprietario della terra, certo, ma la combinazione esatta di quell’ulivo su quella terra sono un bene comune per chi ci si può perdere con gli occhi e con l’immaginazione. Sradicarlo e venderlo significa privatizzare un bene di tutti. Ed è una zappa sui piedi clamorosa per chi abita questa terra magica, oggi meta turistica molto popolare, ma che senza ulivi secolari e muretti a secco perderebbe identità riempiendo così di deserto gli spazi tra spiagge iperaffollate e svuotando di contenuti quella cosa che ci pregiamo di chiamare territorio. Vale per il Salento ma vale per ogni angolo di questa Nazione ancora bellissima: una “grande bellezza” (per dirla come il regista) più di tutto e nonostante tutto, che non merita ulteriori scempi.


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