Samaras chiude otto atenei

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ATENE. Per prima volta i rappresentanti della Troika hanno fatto i complimenti ad un ministro greco. Il «riformatore» dell’amministrazione pubblica, Kyriakos Mitsotakis, ha presentato le liste di proscrizione di 12.500 impiegati fino alla fine dell’anno e si prepara ad un altro bagno di sangue nella pubblica amministrazione di altri 12.000 statali per l’anno prossimo. In contemporanea i rettori delle università greche hanno promesso una lotta legale ad oltranza contro le decisioni del governo greco e della Troika che hanno deciso di chiudere i loro luoghi sacri.
Proprio nel momento in cui i rettori chiedevano 2500 assunzioni, le sfingi dell’austerità hanno imposto il loro responso: le università devono licenziare 1700 dipendenti, quasi un terzo del personale amministrativo delle otto università del paese. I tagli colpiranno l’Università nazionale Capodistriana di Atene, il Politecnico di Atene, l’Università di Economia e Commercio di Atene, l’Università Aristotele di Salonicco, e poi quelle di Creta, di Tessaglia, di Ioannina e di Patrasso. Nell’ultima settimana tutti gli atenei hanno sospeso le loro attività ordinarie. Il Senato dell’università di Ioannina ha annunciato che non si effettueranno nuove immatricolazioni.
Il Senato accademico dell’Università Nazionale Capodistriana di Atene, la seconda per numero di iscritti in Grecia, ha comunicato l’imminente chiusura. In una sessione straordinaria del 23 settembre, il Senato ha denunciato «l’oggettiva e assoluta impossibilità di svolgere le funzioni didattiche, di ricerca e amministrative». L’organismo ha inoltre denunciato le scelte del ministero dell’Istruzione «che minano l’istruzione superiore delle nuove generazioni in Grecia». La «totale opacità» dei «calcoli infondati e approssimativi indegni delle istituzioni responsabili di uno stato civile». A causa dei tagli, la prima università dei Balcani non potrà continuare ad offrire i suoi servizi, per la prima volta dall’anno della sua fondazione: il 1837. Le autorità dell’università chiedono la sospensione delle «dolorose misure a danno dell’università di Atene». La chiusura degli atenei, o il blocco delle immatricolazioni dei nuovi studenti, rappresenta un ulteriore tentativo per esercitare una pressione sul governo.
Ieri, i rettori hanno deciso all’unanimità di forzare ancora la mano. Hanno annunciato una selva di ricorsi e di azioni legali contro la decisione del governo di licenziare i dipendenti. Per dare ancora maggiore peso a questa decisione, hanno istituito un organo rappresentativo per difendere le condizioni ritenute prioritarie per garantire il corretto funzionamento delle facoltà. Questi ricorsi intendono proteggere il principio dell’autonomia amministrativa degli atenei, violato dalla decisione del governo Samaras di licenziare i dipendenti.
A sostegno della loro battaglia, i rettori si sono richiamati anche alle decisioni della Corte costituzionale portoghese. L’organo supremo della giustizia lusitana ha, per ben tre volte, rimandato al mittente i tagli imposti all’università. In Grecia non esiste una vera Corte costituzionale ma chiedere l’intervento della magistratura, quando anche questa viene massacrata con tagli pesanti, resta sempre una strada da percorrere.
Alexis Tsipras, leader di Syriza, ha incontrato ieri la presidenza del Consiglio dei rettori. Il suo partito sostiene le loro rivendicazioni. Il licenziamento del personale amministrativo delle università è una responsabilità innanzitutto del governo che non può nascondersi dietro il diktat della Troika. Sempre ieri si è svolto anche l’incontro dei rettori con il segretario dei comunisti ortodossi di KKE Dimitris Koutsoumbas. I rettori, Syriza e Koutsoumbas sono d’accordo su due elementi. Il governo Samaras intende chiudere le università pubbliche per favorire l’istruzione privata. La Grecia è ancora uno degli ultimi paesi europei dove l’istruzione universitaria appartiene quasi interamente allo Stato. Con la sua azione, inoltre, il governo ha espresso la sua contrarietà rispetto all’istruzione di massa dei giovani.
È sempre più forte in Grecia l’impressione che per la Troika il desiderio di studiare e di laurearsi espresso da molti giovani sia «anomalo». Tutti gli organi di governo, nazionali e europei, battono infatti su un unico tasto: i giovani devono scegliersi un mestiere e non continuare a studiare. Questo discorso ossessivo va di pari passo con i licenziamenti degli insegnanti nelle scuole elementari e medie. E viene comprovato dalla forte diminuzione del personale amministrativo.
Il ministro della Pubblica Istruzione, K. Arbanitopoulos, ha imposto la riforma degli esami di ammissione nelle università con lo scopo di dimezzare il numero dei ragazzi che aspirano a entrare in una facoltà. I ragazzi che hanno compiuto i 15 anni di età dovranno sopportare un calvario di esami lungo tre anni, superato il quale avranno acceso alle università. L’obiettivo è allontanare il maggior numero dei ragazzi dall’istruzione pubblica.
In questi primi giorni di scuola stanno dilagando nel paese le occupazioni delle scuole superiori. Forte è la solidarietà con gli insegnanti, affaticati dagli scioperi ad oltranza contro i tagli. Al momento non esiste ancora un movimento degli studenti nelle università contro le «riforme» di Samaras e delle Troika.

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LA PROTESTA GRECA

In piazza contro i licenziamenti nella pubblica amministrazione

Migliaia di lavoratori greci hanno detto ieri «no» alla messa in mobilità di migliaia di dipendenti del settore pubblico prevista dal governo nell’ambito di una controversa riforma dell’amministrazione statale, prendendo parte ad Atene ad una grande manifestazione in piazza Klathmonos e a una marcia di protesta sino al ministero della Riforma Amministrativa presso piazza Syntagma. Quello di ieri è stato il secondo sciopero generale in una settimana che ha di nuovo visto, fra l’altro, scuole chiuse e il personale degli ospedali pubblici ridotto all’osso proprio mentre i rappresentanti della troika (Ue, Bce e Fmi) tornati ad Atene domenica riprendevano le trattative con i responsabili del governo greco circa la concessione di una nuova tranche di aiuti. «Stiamo lottando per salvare quello che si può, proseguiremo nella nostra lotta», ha detto al termine della manifestazione Odisseas Drivalas, il presidente dell’Adedy (il sindacato dei dipendenti pubblici), mentre il rappresentante di Syriza (sinistra radicale), Dimitris Stratulis, ha detto che «oggi si è vista una marea di gente e ciò costituisce un messaggio chiaro contro il fascismo e le misure di austerità imposte dal governo».


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