Sequestro Ablyazova, ambasciatore indagato

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Ed ecco le prime iscrizioni sul registro degli indagati. Si tratta di Andrian Yelemessov, ambasciatore del Kazakistan in Italia, Nurlan Khassen, suo consigliere per gli affari politici, e Yerzhan Yessirkepov, addetto agli affari consolari. Perché nella vicenda che riguarda l’espulsione di moglie e figlia del dissidente kazako l’unica certezza è la richiesta rivolta al ministero dell’Interno dall’ambasciatore del Paese asiatico. O meglio la pretesa di rimpatriare Alma Shalabayeva.
Ora, nel fascicolo del pm Eugenio Albamonte si formula anche l’ipotesi di reato: sequestro di persona. Ipotesi che in seguito — siamo al primo atto (dovuto) dei magistrati della Procura — potrebbe essere integrata da altro. Sottolinea infatti l’avvocato Astolfo Di Amato, che dopo aver presentato l’esposto ha avuto un colloquio con il procuratore Giuseppe Pignatone: «Noi abbiamo la convinzione che siano stati commessi abusi e omissioni gravi». Sia, spiega, per la rapidità «eccezionale» dell’espulsione, che per altro. Alma Shalabayeva, dice Di Amato, «è stata mandata via dall’Italia a 66 ore dal momento in cui della sua vicenda si sono occupati gli uffici del ministero e a 24 dalla decisione della prefettura». Tempi insoliti per la prassi italiana, insiste. Non solo ma chiede anche di verificare se i diplomatici kazaki abbiano commesso il reato di ricettazione e di accertare se «i funzionari del Viminale e della Questura abbiano tenuto comportamenti illegali». Il documento di espatrio della Shalabayeva, sul quale compare il nome di sua figlia Alua, sarebbe a suo avviso manipolato.
Brevemente, allora, conviene ricordare cos’era accaduto 4 mesi fa in quella villetta. Il 29 maggio Alma Shalabayeva e sua figlia Alua, ospiti in Italia, vengono prelevate dagli agenti della Squadra mobile che, dalla periferia sud di Roma, le trasferiscono al centro d’immigrazione di Ponte Galeria. Da quel momento, l’ospitalità alla famiglia del dissidente (arrestato in Francia il 31 luglio scorso, Mukhtar Ablyazov ha presentato una nuova domanda di scarcerazione che, da ieri, è alla valutazione dei giudici del tribunale di Aix-en-Provence) diventa una pratica di espulsione. Che, per l’avvocato della Shalabayeva, Riccardo Olivo, è tanto frettolosa quanto illegale considerata la domanda di asilo politico presentata dalla signora. Madre e figlia vengono messe su un aereo in partenza da Ciampino, mentre nei giorni successivi esplode la vicenda.
Il presidente del tribunale, Mario Bresciano, denuncia omissioni da parte della polizia: non avrebbero trasmesso «atti fondamentali per identificare la signora Alma Shalabayeva», traendo in inganno il giudice di pace che decise l’espulsione. Si sa invece che per ottenerla si mossero di persona i vertici dell’ambasciata kazaka in Italia, ora denunciati da Madina e dunque iscritti sul registro degli indagati, secondo la procedura di garanzia. «Le prove emerse in merito all’illegittimità dell’espulsione ci spingono a ritenere — sottolinea Di Amato — che sia stato commesso il reato di sequestro di persona aggravato. La prova documentale mostra che i tre diplomatici kazaki sono stati presenti, in modo attivo, in tutta questa triste vicenda. Qualora cadesse la loro immunità e dovessero affrontare il processo e la condanna, la pena massima prevista in Italia per il sequestro di persona aggravato è di quindici anni di reclusione».
Ilaria Sacchettoni


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