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Nel 2009 la scrittrice nigeriana Chimamanda Adichie intitolava il suo ted-talk «The danger of a single story» per dirci che è pericoloso raccontare l’Africa come se fosse un continente omogeneo con una storia univoca. L’Africa figura da sempre poco nei media occidentali, ed è sinonimo di catastrofe, guerra, carestia. Delle notizie positive, come la sua crescita economica e le innovazioni tecnologiche che stanno rivoluzionando la vita degli africani e recentemente raccontati in un reportage dell’ Economist , non si parla quasi mai. In Kenya si pagano le tasse scolastiche col cellulare: ma qualcuno ce lo racconta? Il rapporto dell’Onu sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delinea un continente lontano dagli stereotipi cui ci ha abituati l’informazione mainstream : negli ultimi 13 anni è stata registrata una marcata diminuzione della povertà. Oggi l’Africa è un continente che guarda al futuro. C’è ancora molto da fare, ed è ovvio che non ci può essere crescita sostenibile se non si vincono la fame, la mortalità infantile e la scarsa istruzione, non si sedano i conflitti e non si incrementano gli investimenti. I segnali positivi però ci sono. Le donne in particolare possono svolgere un ruolo cruciale nello sviluppo sostenibile del continente e sempre più spesso si stanno affacciando nel mondo imprenditoriale.

Gli ostacoli che devono affrontare sono però molti: oltre alla classica diffidenza nei loro confronti tipica del mondo imprenditoriale, giocano a loro sfavore le scarse competenze nel business, l’accesso limitato alla tecnologia e alla formazione e le difficoltà di ottenere finanziamenti. Secondo l’International Trade Centre delle Nazioni Unite (Itc), le donne in tutto il mondo possiedono solo il 30% delle imprese, ricevono solo il 10% del reddito mondiale e possiedono solo il 2% della proprietà. Inoltre, 71 Paesi impediscono alle donne di lavorare in alcuni settori e 16 non permettono che le donne sposate ottengano posti di lavoro senza il consenso dei loro mariti, e 44 non lasciano le donne lavorare di notte. Il ruolo chiave delle donne è stato riconosciuto anche dalla Commissione delle Nazioni Unite presieduta da Indonesia, Liberia e Gran Bretagna incaricata di elaborare l’agenda di Sviluppo post 2015. Istituzioni come l’Itc e la Cherie Blair Foundation hanno avviato programmi di sostegno e corsi di formazione per le donne imprenditrici in diversi paesi, principalmente nell’Africa sub-sahariana. L’obiettivo è fornire alle donne gli strumenti per raggiungere il loro pieno potenziale economico.

Il rapporto della Banca Mondiale del 2012 su Uguaglianza di genere e sviluppo ha concluso che la partecipazione delle donne all’economia è vitale per lo sviluppo sostenibile di ogni paese. La Commissione Onu individua inoltre nel settore privato uno degli attori principali di questo processo. Attualmente i privati investono molto in quei contesti, con un impegno finanziario che supera i bilanci dei programmi di aiuto internazionali. La responsabilità dei privati è quindi doppia: creare partenariati per lo sviluppo sostenibile, ma farlo rispettando gli standard internazionali; i diritti dei lavoratori, la parità di genere, le norme di buon governo e quelle ambientali. Meglio sarebbe se i privati s’avalessero delle conoscenze ed esperienze acquisite dalle Ong nel lavoro con le comunità, per esempio nell’ambito del microcredito della consolidazione della pace. Qualcosa inizia a muoversi, come dimostra l’alternanza di genere nel sistema di potere. Per esempio in Liberia e ai vertici dell’Unione africana due donne, le Presidenti Ellen Johnson e Nkosazana Dlamini-Zuma, hanno saputo interrompere l’idillio degli «old boys».

Anche se, come denuncia un’inchiesta dell’ Economist pubblicata agli inizi di settembre, non sempre una leadership femminile è sinonimo di inversione di tendenza nei rapporti di forza e di innovazione culturale. Il mondo degli affari europeo dovrebbe superare gli stereotipi, e guardare all’Africa per quello che è: un continente in crescita, ricco di energia, di risorse naturali e di ampi spazi, dove la forza lavoro è giovane e nascono ogni giorno nuove imprese. In una parola, l’Africa è un’enorme opportunità. Europa e Africa sono continenti più vicini di quanto siamo abituati a pensare. I legami storici e culturali che condividiamo sono la base ideale per uno sviluppo sostenibile realmente inclusivo per tutti. *consulente in affari internazionali


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