“Il governo andrà avanti ma senza riforma elettorale per l’Italia sarà il disastro”

by Sergio Segio | 2 Ottobre 2013 7:41

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KIEL — George Soros, padre e mente di uno degli hedge fund di maggior successo della storia, da qualche tempo si occupa d’altro. Invece che di accrescere la sua fortuna, la spende. Ha donato otto miliardi di dollari in ospedali, scuole o media indipendenti in decine di paesi, da Myanmar all’Ucraina. Ultimamente sta usando i suoi fondi per cibo e farmaci da distribuire in Grecia, per quella che lui chiama “assistenza umanitaria alle vittime dall’eurocrisi”. E sarà per questo, ma non smette un solo giorno di seguire l’Italia.
Che impressione ha della crisi politica in corso?
«Probabilmente il governo terrà e spero che riesca a far approvare un’altra legge elettorale. Quella attuale, con premio di maggioranza su basi diverse alla Camera e al Senato, e due camere con gli stessi poteri, non funzionerà mai. Dovete cambiare il sistema, nuove elezioni con questa stessa legge produrrebbero un altro disastro».
Cosa le fa credere che il governo di Enrico Letta sopravviva?
«Il centrodestra ha iniziato a dividersi, no? Il governo deve tenere, perché altrimenti anche l’economia va in pezzi. E serve un esecutivo in carica per cambiare la legge elettorale. Ciò che mi preoccupa è che in Europa i sistemi politici si stanno differenziando. In Germania la democrazia funziona bene, ma il resto dell’area euro passa da una crisi all’altra. L’Italia è il caso più evidente».
Il paese vive le scosse prodotte dal declino di Berlusconi o c’è anche altro?
«La crisi finanziaria ha messo una pressione enorme su tutti i paesi, sono venute alla luce debolezze che prima erano latenti. Da tempo l’Italia aveva un gran bisogno di modernizzarsi e ora ciò diventa evidente. Avete una storia, una cultura e dei talenti fantastici, ma il paese è come collassato sotto lo stress del sistema dell’euro».
Cosa intende dire?
«Prendiamo il confronto con l’Austria o la stessa Germania. Come l’Italia, sono economie basate sulle piccole e medie imprese, aziende familiari. Era la forza di questi paesi. Ma l’Austria adesso prospera, l’Italia invece è indebitata all’eccesso. Le sue imprese familiari sono in grande tensione perché, per stare sul mercato europeo, devono crescere. Ma non sono riuscite a farlo con più capitale, dunque si sono affidate al debito. È un problema che si trascina da 15 anni. Prima era graduale, ora invece probabilmente metà di queste aziende sono così indebitate che non troverebbero credito neanche se i tassi fossero bassi in Germania. Le banche non concederebbero loro altri prestiti comunque».
Come si risolve una situazione del genere?
«I problemi dell’Italia non sono risolvibili in Italia solamente. In tutti i paesi europei vediamo un dibattito politico sempre più introverso, concentrato su temi interni, ma la politica a livello locale non è in grado di affrontare queste questioni. Abbiamo bisogno di un autentico processo politico europeo, non solo di una gestione europea dell’economia».
C’è chi dice che la Spagna è in ripresa perché ha fatto più riforme e l’Italia è nel caos perché le ha rinviate.
«C’è anche chi sostiene che l’Italia potrebbe fare default, cioè dichiarare insolvenza sui debiti, e stare meglio perché la sua posizione dei conti con l’estero è in equilibrio e l’export beneficerebbe da un’uscita dall’euro. Dunque il paese finalmente crescerebbe».
È il suo consiglio?
«Niente affatto. L’effetto positivo durerebbe poco, sarebbe la fine dell’euro e la crisi che ne deriverebbe travolgerebbe anche il vostro paese. Ma è vero che l’Italia potrebbe dire alla Germania che deve far qualcosa per gestire i debiti italiani e per permettere più crescita, oppure il vostro paese prenderà un’altra strada».
Non sarebbe una minaccia vuota o tardiva, di un paese che ormai è troppo debole?
«In effetti si può dire che la crisi dell’euro sia già finita, nel senso che il sistema ormai ha trovato un assetto. Non c’è più nessuno che possa ribellarsi senza infliggere danni a se stesso. Nessuno può più cambiare il sistema, se non la Germania. Ma durante la campagna elettorale tedesca di Europa non si è neanche parlato».
Non trova che Angela Merkel sia stata efficace nel tenere i populisti e gli anti-euro fuori dal parlamento?
«È stata fantastica come leader di una democrazia nazionale. Ha raccolto il consenso dei filo-europei e di quelli che le chiedono di proteggere gli interessi tedeschi. E in effetti la Germania esce vincente dall’eurocrisi, è all’apice del sistema. Merkel ha ricordato ai tedeschi che hanno avuto quattro anni positivi, ed è vero. Però li hanno avuti a spese del resto d’Europa ».
I tedeschi dicono che anche gli italiani starebbero meglio, se affrontassero le riforme da loro attuate dieci anni fa.
«Pensano che la loro sia la formula vincente, è il letto di procuste in cui la Germania mette il resto d’Europa. Ma è più difficile che funzioni ora, perché siamo in deflazione e perché ci sono differenze storiche e culturali. La realtà è che i tedeschi non ambivano alla posizione egemone in cui ora si trovano, dunque non sono pronti ai sacrifici che comporta. Non agiscono così per malvagità. È una tragedia storica, una vera tragedia greca».

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