La Giunta vota. Il Cavaliere non ci sarà

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ROMA — Alle 18, quando mancano poche ore alla seduta pubblica della giunta delle Elezioni che oggi deve decidere sulla sua decadenza da senatore, Silvio Berlusconi compare al quarto piano di Palazzo Madama (con una maglia scura sotto la giacca, senza la cravatta obbligatoria al Senato), s’infila nello studio del capogruppo Renato Schifani e ci rimane per oltre 90 minuti. Si sparge subito la voce che il Cavaliere stia incontrando anche un paio di membri del Pdl della giunta in una sorta di pre-camera di consiglio non proprio ortodossa. Ma l’ufficio stampa del Pdl corre subito a smentire quanto apparso sulle agenzie di stampa: «L’ex premier sta semplicemente incontrando il capogruppo Renato Schifani». Poi i giornalisti vengono invitati gentilmente a liberare il pianerottolo del quarto piano e quindi ogni verifica «de visu» diventa difficoltosa.
Finito il colloquio nello studio di Schifani, Berlusconi si offre volentieri alle telecamere che lo attendono in strada: «No, non ci ripenso stanotte. Non vado in giunta perché noi quei giudici li abbiamo ricusati. E poi la sentenza Mediaset è una sentenza politica scritta da giudici irresponsabili che hanno mire personali. Una sentenza indegna, architettata a tavolino per eliminare il leader del centro destra… Tanto che sono convinto che dalla Corte dell’Unione europea sarò assolto». Berlusconi stringe la mano a un ammiratore («Sei una persona valida», urla il fan), non fa caso a un contestatore isolato e poi si infila nella sua auto con la senatrice Maria Rosaria Rossi. Ma c’è tempo per rispondere, con spirito, profetizza la fine del suo ventennio: «Magari, così mi riposo». E fila via.
I membri della giunta delle Elezioni targati Pdl smentiscono l’incontro con il presidente nell’ufficio di Schifani. Nico D’Ascola risponde da Reggio Calabria dove sta salendo su un aereo per Roma. Carlo Giovanardi mostra di cadere dalla nuvole: «L’incontro con Berlusconi? Sì, c’è stato mercoledì nell’aula del Senato». Mentre Giacomo Caliendo, Andrea Augello e de Elisabetta Casellati, almeno per la serata di ieri hanno avuto difficoltà a rispondere al cellulare.
La squadra del Pdl in giunta sta studiando le carte non tanto per la seduta pubblica che si apre stamattina nella Sala Koch quanto, invece, per la successiva camera di consiglio che dovrà votare la proposta (decadenza o conferma) da proporre all’aula. I commissari del Pdl, è convinzione diffusa al Senato, si stanno preparando per trasformare la camera di consiglio in una sorta di «Vietnam procedurale». L’obiettivo è quello di rendere difficile, e soprattutto insopportabilmente lunga, la procedura che secondo una maggioranza trasversale (Pd, Sel, M5S, Sc) dovrebbe portare entro stasera al voto in giunta sulla decadenza di Berlusconi: «In camera di consiglio sarà battaglia perché se si decide prima del 19 ottobre (data prevista per la sentenza della corte d’appello di Milano sul ricalcolo dell‘interdizione dai pubblici uffici, ndr), il Senato fa una vera porcata», dice Giovanardi. Che annuncia poi una seconda battaglia sulla data di convocazione dell’aula e sulla necessità di procedere con il voto segreto. Ieri comunque, il Pdl ha perso la sponda offerta dalla vicenda di Andrea Alzetta (Sel) dichiarato incandidabile in Campidgolio in forza della legge Severino. Il Tar del Lazio ha dunque dato torto chi pensava di portare la legge Severino davanti alla Consulta.
Un ultimo tentativo di rinvio della giunta sarebbe stato tentato con riferimento al lutto nazionale. Stamattina, però, la giunta si aprirà puntualmente alle 9.30 e il presidente Dario Stefàno non dimenticherà di commemorare i morti di Lampedusa.
Dino Martirano


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