Reato di clandestinità, “ecco le ragioni per la sua rapida abrogazione”

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Roma – Il recente tragico naufragio di Lampedusa e l’iscrizione al registro degli indagati dei sopravvissuti da parte della Procura di Agrigento ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica il reato di ingresso e soggiorno illegale. In una nota Asgi traccia brevemente il quadro della situazione ed evidenzia le ragioni e le conseguenze sin qui prodotte dalla sua introduzione nel 2009, con il cosiddetto pacchetto sicurezza, fortemente voluto dall’allora ministro all’Interno, Roberto Maroni (e non dalla cosiddetta legge Bossi-Fini, risalente al 2002) . Pacchetto sicurezza con cui,  al tempo si era cercato di introdurre l’obbligo di segnalazione degli stranieri che accedevano ai presidi sanitari, previsione poi abbandonata anche a seguito della forte opposizione degli ordini dei medici. 

E’, dunque, positivo che si riapra il dibattito sulle irragionevoli ragioni dell’esistenza di un reato inutile, che rivela l’incapacità e la non volontà del legislatore di disciplinare in modo efficace e realistico i canali di ingresso regolare dell’immigrazione, fenomeno strutturale che è illusorio possa essere governato con norme penali. Un reato che, ad oggi, risulta fonte di spese per lo Stato che impegna rilevanti risorse per la celebrazione dei processi, con un aggravio burocratico per gli uffici, al punto che lo stesso Ministero della giustizia ne ha proposto l’abrogazione nel maggio 2013. Contrariamente a quanto si pensi, il reato di clandestinità non è causa di sovraffollamento carcerario perché chi lo commette e’ punito con una contravvenzione che prevede il pagamento di un’ammenda da 5 mila a 10. mila euro, che non viene mai riscossa: infatti chi soggiorna illegalmente non è titolare di beni patrimoniali alla luce del sole, aggredibili dall’ Agenzia delle entrate.

La detenzione, inoltre, non puo’ essere prevista perchè punire l’irregolarita’ con il carcere contrasta con la Direttiva rimpatri come a più riprese affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Un reato inutile e dannoso, dunque, previsto da una cosiddetta ”legge manifesto”, che al pari delle grida manzoniane, vuole affermare astrattamente che la clandestinità è reato, perché così si dà l’illusione che lo Stato è forte (con i deboli), anche se non serve a nulla e incide sulla spesa pubblica senza alcun ritorno. La vera utilità del reato di clandestinità consiste nel fornire all’elettorato il “tranquillante messaggio” conseguente alla parificazione del clandestino al delinquente. Non vi sono dunque ragioni per mantenerlo in vita, e chi afferma il contrario o non è informato o ha interesse al mantenimento dello stigma del clandestino – delinquente per fini propagandistici.  

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