Ma in Europa per ogni frontiera c’è una legge

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Qualcosa per cui, ha lasciato capire, non basterebbe il proverbiale ragazzino in zoccoli della leggenda, che tappa il buco nella diga con il dito indice, e salva tutti offrendo la sua vita. Asscher è un laburista, certo un sincero democratico. Ma quelle parole tradiscono la sua ansia, e anche il perché ogni Paese vada per la propria strada nel definire una sua legge in materia. La Francia ha le sue paure particolari, la Germania pure, e così l’Italia o la Grecia. E l’Unione Europea fatica a omologare le diverse leggi.
L’Olanda per esempio, tanto per stare al «codice arancione», sta appena uscendo da decenni di assorbimento dell’immigrazione nordafricana, o musulmana in genere. Dopo tragedie sconvolgenti, come l’uccisione feroce del regista Theo Van Gogh, si è raggiunta una forma di convivenza. Ma ecco, a torto o a ragione, sorge un’altra angoscia: l’immigrazione dall’Est Europa, romeni e bulgari che dal primo gennaio dovrebbero beneficiare del patto di Schengen, libera circolazione in tutta la Ue. Sono popoli da tempo accolti nella casa comune europea, ma finora esclusi dalle norme Schengen perché giudicati in qualche modo «non maturi». Soprattutto per una ragione, mai ammessa dalle fonti ufficiali: ospitano entrambi, Romania e Bulgaria, folte minoranze di nomadi Rom. E oggi, cè anche il problema moldavo: migliaia di cittadini della Moldavia, Paese non membro della Ue, cercano di avere un passaporto romeno che a loro volta userebbero come ponte per l’Europa. Così la Romania, nazione di migranti, cerca di tenere a bada altri migranti. Non c’è nessun ragazzino a tappare il buco nella diga, e pochi si accorgono che da quel buco arriva anche aria fresca, lavoro, speranza.
Luigi Offeddu


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