Tagli alle Regioni e busta paga più pesante

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ROMA — Uno sgravio fiscale in busta paga, tutto in un’unica soluzione, entro la primavera del 2014. Attorno a questa ipotesi i tecnici del governo stanno facendo i conti in vista della legge di Stabilità che il Consiglio dei ministri approverà martedì. Ma i risultati non sono esaltanti. Il perché è presto detto. Le risorse a disposizione sono poche e anche ipotizzando che dei 5 miliardi di taglio del cuneo fiscale di cui si parla più della metà, diciamo pure 3 miliardi, vada ai lavoratori attraverso un aumento delle attuali detrazioni sul lavoro dipendente (1.840 euro fino a 8 mila euro lordi di reddito e poi a scalare fino ad azzerarsi a 55 mila euro lordi), in media entrerebbero in busta paga appena 150-200 euro netti in più all’anno.
I contribuenti con redditi da lavoro dipendente fra zero e 55 mila euro lordi annui (circa 2.800 euro netti al mese) sono infatti quasi 20 milioni (il 95% del totale), compresi circa 3 milioni di soggetti che non pagano l’Irpef o perché hanno redditi molto bassi («incapienti») o perché azzerano l’imposta grazie a detrazioni e deduzioni. Se si suddividono 3 miliardi per 20 milioni si ottiene appunto un bonus di 150 euro medi da articolare in base al reddito (maggiore per quelli bassi) come un aumento della detrazione per chi può farla valere e come un’imposta negativa per gli incapienti. Entrambe verrebbero liquidate dal sostituto d’imposta, cioè dall’azienda, in un’unica soluzione. Per far lievitare il bonus, ferma restando la torta di 3 miliardi, bisognerebbe restringere la platea dei beneficiari, fermandosi a livelli di reddito inferiori. Ma senza grandi risultati. Fermarsi a 40 mila euro lordi (2.180 euro netti al mese), per esempio, restringerebbe la platea di appena un milione di contribuenti e il bonus medio salirebbe di poco, a 158 euro. Ovviamente, il bonus sarebbe più consistente se si escludessero gli incapienti, ma contro questa eventualità è schierato il segretario del Pd, Guglielmo Epifani. Bisogna inoltre ricordare che le ipotesi descritte finora non toccano i pensionati (come invece vorrebbero i sindacati), per i quali ci sarebbe in compenso lo sblocco dell’adeguamento all’inflazione, almeno per quelle fino a 6 volte il minimo (3 mila euro lordi), anche se tra le ipotesi c’è il taglio delle percentuali di adeguamento previste prima del blocco 2012-2013 stabilito dalla legge Fornero (al 90% fra tre e cinque volte il minimo e il 75% fra cinque e sei volte il minimo). Come si vede, non c’è molto da aspettarsi. Per questo il governo punta a un programma triennale di sgravi, che a regime potrebbe arrivare a 10-15 miliardi. Il bonus cioè aumenterebbe di anno in anno nel periodo 2014-2016, in linea con l’avanzamento del piano di spending review (taglio della spesa pubblica corrente) che sarà portato avanti dal supercommissario, Carlo Cottarelli, che si insedierà il 23 ottobre.
Letta ha promesso alle forze della maggioranza che manderà in Parlamento una legge di Stabilità «non blindata», ma «aperta» alle modifiche. Questo significa che potrebbe essere lo stesso governo, sulla base di un primo piano d’azione di Cottarelli, a potenziare l’intervento sul cuneo fiscale o altre misure per lo sviluppo, con emendamenti che verrebbero presentati durante la discussione parlamentare. Ma già si annuncia scontro, in particolare con le Regioni perché la manovra finanziaria che per il solo 2014 dovrebbe valere 12-15 miliardi sarà fatta per i due terzi di tagli alla spesa. E nel mirino ci sono appunto le Regioni, oltre ai ministeri, compresa la sanità.
Tornando al cuneo fiscale, ma per la parte riguardante le imprese e i lavoratori autonomi, si ipotizza il rafforzamento degli sgravi Irap legati al costo del lavoro e alle assunzioni a tempo indeterminato (la legge di Stabilità 2013, riscritta dagli allora relatori Pier Paolo Baretta e Renato Brunetta già prevede incentivi che scattano dal 2014), il taglio dei premi Inail e nuovi bonus per chi assume giovani svantaggiati da finanziare ancora con i fondi strutturali europei. Anche qui il problema è che le risorse sono poche. A fronte dei 10 miliardi chiesti dalla Confindustria ce ne sarebbero 2-2,5 nel 2014. Ma non pare ci siano alternative. Lo stesso Pdl che con Brunetta ha consegnato a Letta un documento dettagliato sulle cose da fare e su dove trovare i soldi, sul cuneo ipotizza un taglio di 5 miliardi nel 2014 e altrettanti nel 2015 e 2016. Il deficit, l’anno prossimo, magari non sfonderà il 3% del Pil, ma gli italiani difficilmente si accorgeranno di pagare meno tasse. Ma l’ultima parola sull’entità del taglio del cuneo, ripetono tutti, anche a Palazzo Chigi, spetta a Letta: «Stiamo aspettando le sue indicazioni».
Enrico Marro


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