Germania, Salario minimo per Legge in Gioco è la Grande Coalizione

by Sergio Segio | 16 Ottobre 2013 7:19

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Più di un milione di lavoratori guadagnano oggi meno di 5 euro all’ora; altri due milioni e mezzo fra i 5 e i 7 euro. Un esercito di working poor , di gente che col tempo pieno e a volte gli straordinari non riesce a superare la soglia di povertà. È vero che in Germania esiste una rete di sicurezza di base, quel «reddito minimo garantito» (anche a chi non lavora) che in Italia non abbiamo. Ma sono in molti, anche all’interno della Cdu, a ritenere che i working poor siano troppi e che ciò non sia né socialmente né moralmente sostenibile. Socialdemocratici e Verdi vorrebbero un minimo di 8,5 euro all’ora (più o meno come in Francia, Belgio o Regno Unito, dove il salario minimo legale esiste da tempo). Ma le imprese potrebbero permetterselo? Alcune no, e sicuramente sparirebbero, licenziando i collaboratori. È probabile che l’accordo fra partiti si chiuderà intorno ai 7 euro: un compromesso decoroso, secondo gli esperti, per ridurre povertà e diseguaglianza senza perdere troppa occupazione.
In un’economia fortemente integrata come quella europea, la decisione di Berlino interessa tutti. Un incremento del potere d’acquisto dei consumatori tedeschi avrà effetti positivi anche per le imprese di altri Paesi. La riforma potrà inoltre aprire la strada all’introduzione di un minimo legale valido per l’intera Ue, ovviamente differenziato per Paese: un passo avanti verso un mercato unico più omogeneo ed equo. È da anni che se ne parla, ma la Germania è sempre stata contraria, proprio perché non l’aveva al proprio interno (come del resto non ce l’ha l’Italia: una riflessione da avviare con urgenza). Infine, l’attenuazione del dualismo in seno al mercato del lavoro tedesco sarebbe un segnale positivo per i Paesi periferici.
Dall’inizio della crisi la Germania pontifica sulle virtù del proprio modello economico-sociale e vorrebbe che tutti gli altri lo adottassero. Quel modello ha molte ombre. Se ne elimina alcune, le pressioni di Berlino diventerebbero meno irritanti e dimostrerebbero che la Germania è capace non solo di insegnare, ma anche di imparare dall’esperienza altrui.
Maurizio Ferrera

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