Kerry a Letta: «Stiamo rivedendo le procedure»

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ROMA — Il tema del datagate, a Palazzo Chigi, è stato affrontato solo per pochi minuti da Letta e dal segretario di Stato americano John Kerry. Per un’ora e un quarto, ieri mattina, i due hanno discusso di Siria, Libia, Afghanistan, processo di pace di Medio Oriente, e per tre o due minuti della possibilità che gli Stati Uniti abbiano spiato conversazioni o dati entro i confini nazionali. I nostri servizi, al momento, hanno infatti la ragionevole certezza, tramite le due principali agenzie, che non ci siano state in Italia violazioni della privacy dei nostri cittadini nè tantomeno della sovranità nazionale.
«Il nostro obiettivo è trovare il giusto equilibrio tra la protezione della sicurezza e la privacy dei nostri cittadini», ha risposto Kerry, citando Obama, al premier Enrico Letta, che ha posto la «necessità di verificare la veridicità delle indiscrezioni» su eventuali «violazioni della privacy», come aveva raccomandato il Garante. Riscontrando, riferiva ieri un comunicato ufficiale, l’atteggiamento «cooperativo» del segretario di Stato statunitense. Kerry ha riconosciuto che l’America «ha un problema», assicurando che la questione è «under review». Ovvero sotto revisione. E che il lavoro di ricerca di equilibrio «proseguirà come proseguiranno le nostre strette consultazioni con i nostri amici, inclusa l’Italia».
Insomma al momento non esiste un caso Italia: a Palazzo Chigi sono convinti della bontà della recognizione effettuata finora dalla nostra intelligence, così come delle risposte formali avute dagli americani negli ultimi mesi, quelle risposte che assicurano che il monitoraggio per fini di sicurezza americana non ha violato alcuna delle leggi italiane. Il nostro premier è stato a Washington appena pochi giorni fa, se ci fosse stata qualche incomprensione, o diffidenza, sarebbe probabilmente emersa in quella sede.
Ovviamente, ha tenuto a rimarcare Kerry, la review alla quale è sottoposta l’attività spionistica degli Stati Uniti, almeno quella compiuta fuori dai confini nazionali, avrà sempre come limite la necessità di rispettare le leggi americane, quelle leggi che sono molto «aggressive», e poco «difensive», nel definire gli interessi nazionali in relazioni al terrorismo e alla sicurezza interna.
Le diverse interpretazioni, e parte delle polemiche, fanno notare invece i nostri servizi, dipendono anche dal merito della materia. Fare un monitoraggio sui flussi, sui metadati, non significa intercettare conversazioni; e non è detto che eventuali informazioni sensibili non vengano condivise fra alleati. E in questo quadro, allo stato, per quanto risulta al nostro governo, non esiste alcun tipo di «gioco sporco» degli Stati Uniti, nei confronti dell’Italia.
Una parte di queste considerazioni è stata ribadita ieri dal sottosegretario con delega ai servizi, Marco Minniti, di fronte al Copasir, il Comitato parlamentare di controllo della nostra intelligence: «Non c’è nessuna evidenza che il caso francese possa essere avvenuto anche in Italia», ha detto Minniti, aggiungendo che non risulta ai nostri servizi alcun tipo di conoscenza relativa al «programma Prism».
«Con ragionevole certezza è stata garantita la privacy delle comunicazioni tra cittadini italiani all’interno del territorio nazionale, oltre che delle comunicazioni originate dalle sedi diplomatiche all’estero», ha concluso il sottosegretario.
«Mentre la Francia convoca l’ambasciatore americano, il nostro governo è più tranquillizzante, c’è un eccesso di ottimismo, ma io la penso diversamente da Minniti e ricordo che le intercettazioni, secondo la legge italiana, sono reato», protesta invece Claudio Fava, Sel. Felice Casson, Pd, è anche lui meno ottimista del governo: «Noi non siamo qui per tranquillizzare, ma per vigilare e abbiamo chiesto di stare con le antenne dritte. La logica dice che ciò che è accaduto in Francia possa essere accaduto anche qui. Oltre ai canali ufficiali esistono anche quelli del controspionaggio». Ma non si erano già attivati a luglio? «Sì, ma all’epoca si parlava solo di metadati. Ora è ben diverso».
Marco Galluzzo
Virginia Piccolillo


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