Il «Sogno» vince sulle «Rose», addio a Saakashvili

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Forte di due mandati presidenziali (2004 e 2008), Saakashvili ha accettato senza riserve la sconfitta.
Dopo aver perso nel 2012 le politiche che decretarono la vittoria del «Sogno georgiano» guidato dal miliardario Bidzina Ivanishvili, attuale premier e uomo più ricco della Georgia, ora Saakashvili si appresta a lasciare anche la presidenza al candidato del «Sogno», Georgi Margvelashvili, già ministro dell’Educazione e primo vicepremier del gabinetto di Ivanishvili. Dai dati della Commissione centrale elettorale il voto di domenica – per l’Osce «trasparente», «limpido» e «maturo» – ha attribuito al candidato del «Sogno georgiano» oltre il 60% di preferenze: più che sufficiente per evitare il ballottaggio al secondo turno. Il rivale Davit Bakradze, candidato del Movimento nazionale Unito, il partito del presidente uscente Saakashavili, ha avuto poco meno del 22%. Solo il 10% per l’ex presidentessa georgiana Nino Burjanadze.
Bidzina Ivanishvili quest’estate aveva espresso l’intenzione di dimettersi da premier, ma ora con la vittoria del proprio candidato il leader del «Sogno georgiano» ha cementato il controllo sulla Georgia. Per la prima volta infatti il «Sogno» controllerà sia l’esecutivo che la presidenza della Repubblica.
Che ne sarà di Saakashvili? L’attuale premier non ha mai fatto segreto di volerlo vedere sul banco degli imputati, insieme ad altri ex ministri già sotto inchiesta per violazione dei diritti umani, abuso di potere e reati finanziari. Esponenti della comunità internazionale e dell’Unione europea hanno espresso i propri timori per il rischio di una caccia alle streghe contro i funzionari del passato regime, che potrebbe mettere in ombra i progressi della democrazia georgiana. La correttezza del processo elettorale sarebbe infatti il vero elemento di cambiamento. In questo senso, con le presidenziali del 27 ottobre, la Georgia diventerebbe un modello per l’intera regione. «La Georgia deve avere successo non solo per se stessa, ma anche per il futuro del Caucaso del Sud», ha precisato su twitter Onnik J. Krikorian, analista politico e giornalista.
La Georgia è stretta tra pressioni russe che la spingono verso la membership dell’Unione euroasiatica e l’avvicinamento all’Occidente, in particolare tramite il Partenariato orientale promosso dall’Ue, il cui Accordo di associazione potrebbe essere avviato il prossimo novembre, e la candidatura alla Nato. L’agenda delle relazioni estere del paese per ora ricalca la linea stabilita da Saakashvili, cioè avvicinamento alle democrazie occidentali e integrazione euro atlantica. Questa politica è tuttavia osteggiata da Mosca, con la quale la Georgia è entrata in guerra nel 2008, perdendo le due repubbliche secessioniste di Abkhazia e Ossezia del Sud, e con la quale continua a non avere relazioni diplomatiche. Tbilisi rimane un centro nevralgico importante sia per Mosca che per Bruxelles, tanto all’interno del delicato scacchiere caucasico quanto per le rotte dell’approvvigionamento energetico, dentro le quali il ruolo della Georgia rimane essenziale.
(www.balcanicaucaso.org)


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