La rabbia del Cavaliere “Il nemico è il Quirinale”

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 RIENTRA proprio mentre nella giunta per il regolamento gli equilibri si capovolgono e sette senatori contro sei annunciano di schierarsi per il voto palese, quando l’aula dovrà decidere tra qualche settimana sulla sua decadenza.
Le motivazioni dell’appello di Milano sull’interdizione, il no di Palazzo Chigi alla sua proposta di riaprire il capitolo sulla retroattività della legge Severino sono solo gli ultimi tasselli che completano il puzzle dell’accerchiamento di cui si sente vittima. Che diventa anche isolamento politico. «Un accanimento giudiziario incomprensibile e immeritato» come lo definisce lo stesso Silvio Berlusconi commentando quanto sta accadendo con il vicepresidente lombardo Mario Mantovani incontrato ad Arcore assieme ai colleghi piemontese e veneto prima di partire per la Capitale. Proprio per rompere quell’isolamento decide di incontrare in serata a Palazzo Grazioli il vicepremier Angelino Alfano, nonostante la rottura dell’ufficio di presidenza di venerdì scorso. Con i ministri Pdl potrebbe rivedersi oggi a pranzo. Un ultimo invito accorato a «smuoversi». All’ex delfino rinfaccia la chiusura di Palazzo Chigi, chiede conto e ragione, è un refrain: «Cosa farete voi ministri? Starete con loro anche dopo che voteranno magari con voto palese la mia decadenza?» E pesantissima si preannuncia la reazione che Berlusconi prepara per oggi, se dovesse passare in giunta il voto palese: «Scatenerò l’inferno ». E infatti è stata confermata la manifestazione per il giorno della decadenza. Il Cavaliere è furente. Anche nei confronti del capo dello Stato. Nei commenti di ieri proprio il Colle è stato additato quale «complice » di quella chiusura opposta dal premier Enrico Letta alla richiesta avanzata da Berlusconi in giornata: «Tramano ormai insieme contro di me».
Fumus di «complotto». Anche se non hanno trovato riscontro le voci secondo le quali il leader forzista, una volta decaduto dal Senato, sosterrebbe coi suoi Grillo nella richiesta di impeachment nei confronti del Quirinale. Nonostante l’appello del capo, i ministri Pdl ieri hanno taciuto, fanno notare da Palazzo Grazioli. È il motivo per il quale il Berlusconi forse ancora disposto a «salvare» Angelino, non sembra altrettanto ben disposti verso i suoi colleghi.
«Il voto sulla mia decadenza sarebbe una macchia sulla democrazia italiana destinata a restare nei libri di storia: il leader di centrodestra escluso così, con una sentenza politica che è il contrario della realtà, perché non si riesce a batterlo nelle urne ». È il commento amaro di Silvio Berlusconi riportato da Bruno Vespa nell’anticipazione del suo nuovo libro. Con appello annesso: «Segnalo che il governo, se volesse, avrebbe un’autostrada per risolvere il problema. È tuttora aperta la legge delega sulla giustizia, e basterebbe approvare una norma interpretativa di una riga, che chiarisca la irretroattività, la non applicabilità al passato della legge Severino. Letta dica si o no. Basterebbe rispettare lo stato di diritto». Anticipazioni in cui il Cavaliere fa riferimento anche alla legge di stabilità, che così com’è non va: «I ministri l’hanno approvata con la clausola che avrebbe dovuto essere migliorata in incontri con la nostra cabina di regia e dopo in Parlamento. Certo, ci sono due punti non aggirabili: la legge di stabilità va cambiata, perché è inaccettabile l’idea di nuove tasse o, peggio ancora, del ritorno della tassa sulla casa, addirittura aumentata». Nessuna minaccia esplicita di crisi. Ma è un quadro in evoluzione, in attesa del giorno del giudizio sulla decadenza. Ecco perché Berlusconi ha confermato ad Alfano e ad altri l’intenzione di anticipare il Consiglio nazionale, vuole arrivare al voto in aula con il partito compatto al suo fianco.
Tanto più ora che Palazzo Chigi ha risposto picche anche alla sua ultima offerta. Secondo la Presidenza del Consiglio, fa fede il voto di fiducia del 2 ottobre, quando «è nata una nuova maggioranza». I due piani — giudiziario e politico — vanno distinti. Soprattutto Letta non interverrà per rendere irretroattiva la Severino. E se il Cavaliere dovesse rompere, ne sono certi, il governo andrà comunque avanti.


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